Società & Cultura

Valsusa. Prostitute, ‘prostituti’, sindaci, macchine fotografiche…

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Accade 25 anni fa. E’ la metà del mese di maggio del 1998. Il sindaco di Villar Dora Elisio Croce non ce la fa più a vedere auto sulla SS 24 che abbordano ragazze nigeriane ai bordi delle strade e decide – lui con altri – di avviare una ‘caccia fotografica’. L’idea? Immortalare le auto dei ‘clienti’ e divulgare le loro imprese. L’iniziativa crea dibattito. Viene organizzato un incontro tra i sindaci a Sant’Ambrogio. Poi tutto torna come prima. Ecco il resoconto pubblicato in quei giorni da La Valsusa, scritto da Bruno Andolfatto

SANT’AMBROGIO – Almeno una cosa l’iniziativa del sindaco di Villardora, Elisio Croce – che, nei giorni scorsi ha pattugliato, con vigili urbani e volontari, alcuni luoghi caldi della prostituzione nella bassa valle di Susa – l’ha ottenuta: sollevare il dibattito.

Così sabato mattina, 16 maggio, a S.Ambrogio, c’è stato un vertice dei sindaci sul problema delle “lucciole”. Che però ha avuto un esito modesto.

Contro il fenomeno, si può fare ben poco; al massimo i primi cittadini, con vigili e carabinieri, possono concordare qualche azione di disturbo. Nulla o poco di più. Così dalla sala del consiglio comunale di S.Ambrogio i primi cittadini sono usciti con una sensazione di impotenza, in attesa che altri, a più alti livelli, prendano delle decisioni: la nuova legge sulla prostituzione, che deve affrontare nodi intricati e controversi (la legge Merlin è superata? E’ il caso di regolamentare il cosiddetto “mestiere più antico del mondo”? E poi chi colpire: i clienti, le prostitute oppure gli sfruttatori?); le nuove norme per combattere il vero serbatoio della nuova prostituzione, l’immigrazione clandestina dai paesi dell’Est e dell’Africa; la nuova legge sulla Polizia Municipale in discussione in Parlamento.

Attacca Sergio Barone, sindaco di S.Ambrogio, organizzatore del vertice.

“La presenza di prostitute lungo le nostre strade non è nuovo. Quello che sconvolge è la quantità.. Tentativi di fronteggiare il fenomeno non sono mancati: ordinanze, divieti, sbarre, vigili, forze dell’ordine, multe. Risultato: la presenza di prostitute anzichè diminuire è aumentata. Il punto, allora, non è criminalizzare queste “signorine”. Semmai bisogna capire che, se ci sono, è perché c’è una richiesta consistente delle loro prestazioni e non da parte di extracomunitari ma da ‘indigeni’”. Le Amministrazioni Comunali provano rabbia perché hanno la sensazione che il problema non si possa proprio risolvere. Però devono coordinarsi, stabilire una strategia comune”.

Remo Castagneri, primo cittadino di Avigliana, riconosce all’iniziativa di Elisio Croce il merito di “aver riproposto la questione”.

Il problema, però, “va affrontato a livello nazionale, con iniziative che riducano la gravità del fenomeno. Bisogna modificare la legge sull’immigrazione, superare un approccio ipocrita al problema e consentire forme di autogestione della prostituzione che però escluderebbero gran parte delle prostitute che affollano le nostre strade e che svolgono questa attività non per libera scelta ma perché costrette, ricattate con minacce e violenza; si tratta di ragazze ridotte a schiave, sfruttate dalla criminalità organizzata. I Comuni possono fare poco”.

Parla Gigi Giuliano, assessore della Comunità Montana e sindaco di Caprie.

“La Comunità Montana è preoccupata. Il problema interessa un’ampia parte del suo territorio e rischia di estendersi alle zone finora ‘indenni’, come la media e l’alta valle. Dobbiamo muoverci, tenere desta l’attenzione, non chiudere gli occhi, ricercare soluzioni. A Caprie abbiamo fatto alcuni tentativi con ordinanze. divieti di transito, sbarre. A qualcosa è servito”.

Ma la presenza delle prostitute (e dei clienti…) crea anche non pochi problemi alla circolazione stradale: “Ho visto delle auto fare manovre pazzesche, inversioni a U da brivido… E poi c’è anche un problema igienico, provocato dai “resti” lasciati da prostitute e clienti nelle zone dove si appartano … Comunque bisogna che i comuni affrontino il problema insieme e non ognuno per conto suo. Perchè non predisponiamo un’ordinanza per tutti i comuni?”

Interviente Elisio Croce, il sindaco di Villardora, protagonista delle cronache dei giorni scorsi, con la sua iniziativa a caccia di clienti.

“Mi rendo conto che iniziative come la mia spostano il problema senza risolverlo. Infatti nei giorni in cui siamo entrati in azione, clienti e prostitute si spostavano dai prati di Villardora a quelli di S.Ambrogio”.

Che fare allora? “I nostri concittadini rifiutano la prospettiva che la valle diventi un casino. Dobbiamo sensibilizzare la gente, invitarla a difendere il proprio territorio, ad essere attenta, a vigilare, a non girarsi dall’altra parte ma a guardare, a osservare i clienti delle prostitute. Se questi sapessero di essere sotto gli occhi di tutti, osservati e “svergognati”, il fenomeno diminuirebbe di molto. Nei giorni in cui eravamo lì, ai bordi della strada, il ‘traffico’ è diminuito; i clienti temevano di essere beccati”.

Attenzione però- dice Giuseppina Canuto, sindaco di Condove- “non è detto che i clienti siano valligiani. E’ probabile che provengano soprattutto da fuori valle e che, anzi, i valsusini vadano a cercarsi queste avventure altrove…”

Replica Sergio Barone: “Faccio l’agricoltore, giro per i campi e strade di campagna e posso garantire che molti clienti sono proprio “indigeni” valsusini…”.

Giuseppe Minutolo, maresciallo carabinieri di Avigliana, dal suo (come dire?) osservatorio privilegiato del fenomeno, prova a dare un’indicazione:

“I ‘clienti’ locali? Saranno l’1 o il 2 per cento del totale. Gli altri arrivano quasi tutti da fuori”

Riprende Giuseppina Canuto: “Il problema è sociale (si tratta di ragazze provenienti da altri paesi, sfruttate, in mano a criminali) e riguarda innanzitutto la dignità della persona, della donna, che viene annientata. Sul piano dell’ordine pubblico e della sicurezza noi sindaci dobbiamo muoverci insieme, cercare un’azione coordinata come già abbiamo fatto di fronte alla microcriminalità” .

Il deputato del collegio Luigi Massa, invita a non criminalizzare. “Le prostitute, innanzitutto: perché se una donna svolge questa attività, lo fa anche perché c’è una domanda e, quindi, un bisogno. Il problema, semmai, è che queste ragazze sono sfruttate, ridotte a schiave dalla criminalità. E non criminalizziamo neanche i clienti. Evitiamo di diventare dei giudici; non dimentichiamoci che l’andare nei postriboli, quando eravamo ragazzini, era un’impresa da raccontare al bar. Guardiamo anche a ciò che capita nel mondo della telematica: i siti Internet più frequentati sono quelli a luce rossa e gli utenti sono persone di un certo livello sociale e culturale. Questi sono segnali che, nella società, emerge un fabbisogno di questo modo particolare di vivere la sessualità. Chi non riesce a risolvere il proprio problema sessuale se non con le prostitute non va trattato da criminale”.

Per Massa “il problema della prostituzione va affrontato in modo laico. E il vero nemico da combattere, non è la prostituzione in quanto tale ma lo sfruttamento da parte della criminalità. Il lavoro della Commissione Affari Sociali della Camera per arrivare a una legge, va proprio in questa direzione”.

Massa dà alcuni suggerimenti alla Comunità Montana e ai sindaci: “Tentiamo un protocollo d’intesa col Ministero degli Interni sull’ordine pubblico e poi cerchiamo di utilizzare il più possibile gli strumenti ufficiali: i vigili, i carabinieri, la polizia stradale, le guardie forestali, se è il caso chiediamo ancora un incontro col Prefetto. Però usiamo il meno possibile i volontari; il rischio delle “ronde” è sempre quello di perdere il controllo, che qualcuno prima o poi si faccia male”.

E poi c’è la prevenzione, la necessità dell’educazione sessuale nelle scuole: “Qui ci vorrebbe davvero un progetto a livello territoriale che coinvolga esperti e insegnanti”.

Massa azzarda alcune proposte di regolamentazione della prostituzione come quella di “consentirne l’esercizio in strutture di carattere alberghiero. In fondo – sostiene il deputato – la prostituzione è sempre esistita ed esisterà sempre, almeno fino a quando il Padreterno non deciderà di abolire il sesso”.

Interviene Giuseppe Minutolo, maresciallo dei carabinieri di Avigliana e aggiunge qualcosa sui clienti: “Rassicuratevi. I giovani sono pochi; gli habitué hanno più di 40 anni”.

Cacciare le prostitute? “Non si può. Fino a prova contraria, stare in minigonna ai bordi di una strada non costituisce reato”.

Si appartano in macchina in luogo pubblico? “Neanche questo è fuori legge, a meno che non si sconfini in palesi atti osceni”.

 Due parole sulle lucciole: “Molte sono nigeriane. Quando le “prendiamo” facciamo molta fatica a fotografarle. Hanno paura, sono vittime della superstizione di credenze magiche: temono che la macchina fotografica rubi loro l’anima. Quasi sempre sono senza documenti e non possiamo neanche reimpatriarle perché gli accordi internazionali tra Italia e Nigeria non prevedono il reimpatrio di persone senza documenti”.

Insomma, pare proprio un problema senza soluzioni. Tanto che alla fine i sindaci non ce la fanno neanche a concordare un’ordinanza standard da emanare tutti insieme per contrastare il fenomeno.

Alla fine il più deluso sembra proprio lui, Elisio Croce, il sindaco che non si è voltato dall’altra parte facendo finta di niente ma che ha lanciato un’iniziativa provocatoria, andando a caccia fotografica di clienti: “Prevedevo che saremmo usciti da qui senza decidere qualcosa”.

Passano due giorni.

Lunedì mattina Croce ci fa pervenire un biglietto in redazione. C’è scritto testualmente: “In considerazione della stima che ho per i miei colleghi sindaci, mentre non è nel mio stile giudicare scelte ed iniziative degli stessi, sospenderò le iniziative intraprese, confidando in novità in merito”.

 Che tradotto vuol dire: macchine fotografiche di nuovo nel cassetto, tutti a casa; e prostitute e “prostituti” liberi di agire, indisturbati, sulle strade valsusine.

Gli altri a guardare, senza vedere. Fino a quando?

Bruno Andolfatto

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