I PARTIGIANI UCCISI E GLI OSTAGGI CHE SALVARONO IL PAESE
12 maggio 2012….
Nomi, volti che non ci sono più. Ma che parlano, raccontano di anni difficili, quelli dell’occupazione nazifascista e della lotta di Liberazione. Persone che si sono offerte come ostaggi per salvare il paese, nell’autunno del ’44 dopo la sconsiderata uccisione di un soldato tedesco.
E l’eccidio di 17 partigiani, nel maggio dello stesso anno, nella zona del vecchiuo cimitero, dove oggi ci sono i campi da tennis che si aggiungeva all’uccisione di altri tre partigiani in zona Vignassa. I nomi degli “ostaggi” da sabato 12 maggio, sono “scolpiti” a futura memoria in una targa sul palazzo comunale. Mentre i nomi dei 20 partigiani, ancora una volta, sono risuonati nella commemorazione che si è svolta nello stesso pomeriggio.
E che non sia stata una manifestazione retorica lo dimostrano le parole dell’oratore ufficiale: Elvio Fassone, ex magistrato e già senatore della Repubblica. “Fare memoria è importante perché significa impedire che il presente diventi passato e rotoli nel buco nero della dimenticanza. E’ importante che quei fatti rimangano nella memoria che è calda e non trasmigri nella storia che è fredda”. Ma chi erano quei giovani uccisi nel ’44? “Il più “anziano” aveva 27 anni. Il più giovane meno di 17. Giovani di modesta estrazione: meccanici, operai, agricoltori, piccoli artigiani..
Come sempre – ha aggiunto Fassone – sono loro i sacrificati. Anche oggi. I giovani socialmente umili sono il pavimento della storia, quella storia su cui scorrono gli eventi voluti da altri, gestiti da altri, fruiti da altri”. La stessa cosa che capita oggi, sia pure in modo “non cruento”. “Si parla tanto di sprechi ma poco si riflette sul fatto che lo spreco maggiore è quello di una generazione. Stiamo buttando via un capitale umano. E di fronte a questa consapevolezza non ci può essere pareggio di bilancio che tiene, non ci può essere egoismo di patrimonio che si cinta di filo spinato per non fare la sua parte ad aiutare a soccorrere questa generazione. Solo una politica generosa può rimediare a questo spreco terrificante di una generazione”. Quei giovani uccisi nel ’44 ci dicono che la cosa da fare urgente, oggi, è salvare dalla disoccupazione, dal precariato, dall’inattività un’intera generazione. Quella dei nostri figli.