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Tav, progetto depositato. Mario Virano: “I progettisti hanno dimostrato grande attenzione per il territorio” . Davanti al tunnel, una galleria artificiale lunga 150 metri

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E’ scattata mercoledì 9 gennaio l’ora, anzi la settimana X della Torino-Lione. Dal 9 al 14, infatti, i progettisti del raggruppamento internazionale italo-franco-svizzero e lo studio giapponese Kengo Kuma (vincitore del progetto per la stazione internazionale di Susa) depositano presso Ltf (Lyon Turin Ferroviarie) il progetto definitivo della tratta transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.
Insomma non che fino ad oggi si sia scherzato, ma da adesso in poi sull’alta velocità si fa ancora più sul serio. 

Mario Virano, nel suo studio a Torino


E allora due parole con l’architetto Mario Virano più che mai ci stanno.Due parole che, nei fatti, diventano una performance di un’ora e venti di colloquio.
Con un bilancio di sette anni di presidenza dell’Osservatorio Tecnico. “Vissuti – racconta Virano – quasi in una nicchia protetta dall’agone politico, con tutti i Governi di centrodestra, di centro sinistra e poi il governo tecnico che, pur con diversi modi di operare, sulla Torino-Lione hanno mantenuto la stessa posizione. Che, cioè, bisogna farla”.

In sette anni ci sono stati sì quattro governi (Berlusconi, Prodi, ancora Berlusconi e alla fine Monti) ma anche due presidenti della Repubblica, cinque ministri dei trasporti, tre commissari europei e due cooordinatori europei. Per non parlare poi degli altri enti locali: Regione, Provincia, Comuni. Insomma, un panorama istituzionale che è cambiato  e con cui Virano si è trovato a dover fare i conti. 

Fino a quel giorno di gennaio del 2012, quando l’allora neo premier Mario Monti decide che sulla Torino-Lione è bene capirci qualcosa di più.

E che cosa è successo? 

“Che come sempre, a ogni cambio di governo, per correttezza, ho rassegnato le dimissioni. E lì c’è stato un episodio che mi ha particolarmente colpito”. 

Quale? 
“Al momento di riconfermarmi, Monti mi convoca a Palazzo Chigi. Era un pomeriggio, verso le quattro. Arrivo, convinto di parlare solo con lui. E invece mi trovo davanti mezzo governo: c’erano  anche Passera, Cancellieri, Severino,  Clini e il sottosegretario all’economia. Monti esordisce dicendo: vorrei fare il punto sulla Torino-Lione in tutti i suoi aspetti. Bene siamo andati avanti per quattro ore. Mi ha impressionato il modo inedito e la serietà  nell’affrontare la questione”.  A sera inoltrata, racconta Virano,  “è stato lo stesso Monti a voler tenere la conferenza stampa per dire ai giornalisti che il progetto doveva essere portato avanti non solo per continuità istituzionale ma per convinzione e perché, sono parole del premier, lo si è ritenuto un punto qualificante dell’operato del governo”.
 

Già, però adesso Monti  ha indossato i panni del politico. Non è che anche Mario Virano vuol fare la stessa cosa? C’è chi parla di lei come di un possibile ministro dei trasporti e delle infrastrutture.
La smentita è d’obbligo. “Non ho alcuna intenzione di fare attività politica. Questa è una decisione che ho preso 26 anni fa. E poi credo di avere molte altre cose da fare”.
 

E allora entriamo un po’ dentro questo progetto definitivo della tratta che da St. Jean de Maurienne arriva fino a Bussoleno, passando sotto il megatunnel  che sbuca a Susa, trova la Stazione Internazionale per poi confluire nella linea storica. “Il progetto – spiega Virano – è stato presentato a dicembre in anteprima da Ltf alla struttura di vertice dei Ministeri. E la sua qualità ha colpito al punto che, molto probabilmente, nei prossimi giorni verrà presentato anche al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici che intende a sua volta proporlo come esempio per i progetti delle opere pubbliche in Italia”

 

C’è qualche novità?

La simulazione della nuova  linea sulla piana di Susa

“Intanto c’è la scala del progetto. Nel preliminare eravamo su una scala ferroviaria che vedeva e analizzava il territorio su grandezze dell’ordine del km o comunque delle centinaia di metri. Qui si va molto nel dettaglio e si analizza il territorio su una scala che arriva fino ai 5 metri. Si tiene conto di tutto, delle piccole cose, dei dettagli, degli edifici, dei corsi d’acqua”.
Tradotto in concreto cosa significa? “Che, ad esempio, sono stati affrontati e risolti alcuni problemi importanti. Come la necessità di tutelare, all’imbocco del tunnel internazionale la Casa di Riposo Villa Cora, una cascina e, più in là, le case della frazione  San Giuliano”.


Qual è la soluzione? 

“Che, come prima opera, verrà realizzata una galleria artificiale di 130-150 metri. Sarà una specie di padiglione prima dell’imbocco della galleria. Nella fase di cantiere, ci saranno i portoni che si chiudono, così da evitare polveri e rumori. E tutte le lavorazioni  avverranno dentro spazi confinati, in padiglioni coperti”.

Tutto qui? 

“No, i progettisti hanno avuto un’attenzione quasi maniacale sulla fase di cantiere. Tutti i movimenti dei materiali di scavo avverranno via ferrovia. All’interno del cantiere la movimentazione avverrà su nastri trasportatori coperti che scaricheranno i materiali nei carri chiusi. Niente smarino sui camion quindi. E poi, fin da subito, abbiamo escluso i campi base per gli operai che invece dovranno andare nelle strutture ricettive locali. Con un problema: gli accordi sindacali stabiliscono che i lavoratori devono “poter andare a casa” dopo il lavoro entro 15 minuti. E qui non ci sono strutture a sufficienza che possono ospitare un numero di operai e tecnici intorno alle 1000-2000 unità. Così abbiamo pensato di recuperare alcune strutture fatiscenti, come la Caserma Cascino di Susa, oggetto di un’ipotesi di riuso elaborata dall’Act. Al termine dei lavori, lo stabile verrà restituito alla collettività per edilizia sociale”.
 

Poi ci sono i miglioramenti alla viabilità, con “una soluzione che interesserà la ex statale 24: un tratto verrà dedicato alla viabilità locale, a servizio delle abitazioni e delle frazioni, mentre la parte che interessa la zona dell’attuale autoporto e della pista guida sicura, diventerà una strada di scorrimento che affiancherà l’autostrada creando un unico corridoio”.
La descrizione non finisce qui. E tocca quello che all’inizio era definito come “Parco Urbano”, lungo la Dora Riparia. “Non sarà solo più un sistema di mitigazione e di valorizzazione ambientale. Ma, su indicazione della Coldiretti, diventerà un vero e proprio Parco Agricolo, con un ruolo attivo dei coltivatori locali. Sarà un agriparco che comprenderà aree oggi compromesse dall’asfalto e che verranno restituite ad attività agricole”.
 

Non meno importante la Stazione Internazionale di Susa. “Nel progetto preliminare era concepita come una stazione di ottimo rango. Il concorso internazionale vinto dallo studio di Kengo Kuma ha consentito un ulteriore miglioramento. Lo si potrà vedere lunedì 14, quando verrà consegnata questa parte progettuale, che fa parte a tutti gli effetti del progetto definitivo. L’edificio più il contorno interessano qualcosa come 100 mila metri quadrati e saranno collegati a un altro progetto urbanistico, su cui sta lavorando un pool di progettisti, per riqualificare tutta quella parte di territorio segusino. Per  Susa e la Valle sarà un’operazione simile a quella avvenuta a Torino sul passante ferroviario”
 

Ma di San Giuliano che cosa resterà? “Diciamolo. Gli edifici che interferiscono con la linea sono tre: due case e una pizzeria. E i proprietari saranno adeguatamente indennizzati.Tutto il resto è assolutamente salvaguardato”.
 

E da adesso in poi quali saranno le scadenze? 
“Il progetto definitivo viene consegnato in questi giorni dai progettisti.  Il 16 gennaio si riunisce il Consiglio di Amministrazione di Ltf per approvarlo. Quindi, ai primi di febbraio, toccherà alla Cig (presieduta per la parte italiana dallo stesso Virano ndr) che autorizzerà Ltf a trasmettere il progetto con tutti gli allegati (compreso lo Studio di Impatto ambientale) al ministro per l’ambiente per la completa istruttoria per la Valutazione di Impatto Ambientale.  Ultimata la Via, il Cipe darà la validazione definitiva al progetto”.

Con quali tempi? 

“Per la Via ci vorranno più o meno sei mesi. Possiamo ipotizzare il via libera del Cipe più o meno a settembre. In questo periodo dovrà anche essere costituita la Società del Promotore , che sarà di diritto francese, con sede operativa in Italia,  presidente francese e amministratore delegato italiano, responsabile giuridico francese e responsabile finanziario italiano. Il Consiglio di Amministrazione avrà dieci membri (uno sarà il rappresentante dell’unione europea) e saranno presenti, senza diritto di voto, rappresentanti delle Regioni Piemonte e Rhone Alpes. Questo sarà il soggetto operativo, che bandirà le gare d’appalto per i lavori”.
Messa così, i lavori potranno iniziare col 2014. “E intanto proseguono i lavori del tunnel esplorativo della Maddalena. Nonostante tutto quel che è successo e quel che si dice, siamo perfino in anticipo di sette mesi sui tempi previsti. Insomma si procede. Così come sono particolarmente soddisfatto che, nella Legge di Stabilità, sia stato approvato l’intero finanziamento dell’opera (2,25 miliardi di euro in 13 anni), con un piano finanziario completo. Cosa che, per ammissione dello stesso coordinatore europeo del progetto Jan Brinkhorst,  faciliterà l’acquisizione del contributo europeo per la realizzazione dell’opera”.

Non manca chi rileva una contraddizione tra la realizzazione della Torino-Lione e il raddoppio del tunnel autostradale del Frejus. La nuova linea ferroviaria non doveva forse togliere traffico dalla strada? Così si rischia di aggiungerne…

No, non c’entra proprio niente. Il problema della quantità di traffico pesante nel traforo del Frejus e sull’autostrada non dipende dalla sezione del tunnel alpino. Dipende piuttosto dai tempi di alzata delle sbarre che regolamentanto l’ingresso dei tir all’interno della galleria; questa è una decisione che non è presa in modo arbitrario dalle Società che gestiscono traforo e autostrada ma che viene assunta a tavolino dall’apposita Commissione Intergovernativa, dal Geie (l’ente ha per oggetto la gestione, la manutenzione e la conservazione del Traforo Autostradale del Frejus, ad esclusione dei nuovi lavori, del rinnovo di attrezzature ed impianti di grosso calibro, delle spese di manutenzione straordinaria, della determinazione delle tariffe e della riscossione dei pedaggi), dall’Anas, dal Ministero dei trasporti e delle Infrastrutture, dalla Regione e dagli Enti locali. Insomma è una decisione politica e chi è interessato alla regolazione del traffico pesante nel Frejus è in quella sede che deve intervenire. Comunque la questione della sicurezza del Frejus è una questione seria che, quando ero amministratore delegato Sitaf, non mi faceva dormire di notte. E’ chiaro che un traforo a due canne è più sicuro, perchè in caso di incendio è possibile far defluire il traffico velocemente ed evitare che le persone rimangano intrappolate. 

Un problema di sicurezza c’è anche nel vecchio Frejus ferroviario

Già e mi stupisce molto la poca attenzione dellopinione pubblica, soprattutto di quanti dicono di parlare a nome della collettività valsusina. Il tunnel storico del Frejus, datato 1875 e recentemente ammodernato, è monocanna, non ha uscite di sicurezza, si incrociano treni merci e passeggeri, transitano tutti i tipi di treni (tranne quelli con i grossi container) comprese le cisterne che hanno provocato la tragedia di Viareggio. Così gli unici modi per creare condizioni minime di sicurezza sono quelli di moderare la velocità dei convogli nella galleria e di evitare che treni merci e passeggeri si incrocino creando così una sorta di senso unico alternato. E’ ovvio che, in queste condizioni, la vecchia galleria del Frejus non può essere nel lungo periodo una soluzione per il trasporto ferroviario

 

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