Qui Nairobi. Una voce dall’Africa. Ci scrive Andrea, santantoninese in Kenya: “Bisogna ripartire dall’uomo”
NAIROBI, 27 gennaio 2013 – Due settimane fa, mentre sbarcavo dall’aereo, mi sono subito reso conto di essere arrivato in una terra affascinante, ma che richiedeva uno sguardo libero e nuovo. Ho abbandonato ogni preconcetto “occidentale” che porta a fare sterili paragoni e mi sono tuffato immediatamente sulle strade d’Africa. Accolto da Antonino Masuri, il Program Officer della Fondazione AVSI per il Sostegno a Distanza (SaD) del Kenya, abbiamo percorso la strada che mi avrebbe condotto al piccolo “monolocale” che sarà la mia casa per i prossimi mesi, con la possibilità di avere un po’ di tempo per ambientarmi.La prima settimana si è svolta serenamente, accolto con affetto e disponibilità da tutto lo Staff locale e con alcune visite alle iniziative e ai progetti che sono promossi dal Sostegno a Distanza.
La scuola materna “Emanuela Mazzola”, dove novanta bambini sorridenti hanno cantato per noi, con una gioia così trascinante che era impossibile non esserne contagiati.
Il progetto per i bambini disabili e i loro genitori che, grazie al rapporto e all’amicizia con i Missionari della Fraternità San Carlo Borromeo, vengono accolti e aiutati nel percorso difficile di cura e relazione con i figli disabili, considerati come una maledizione e che trovano un luogo capace di ridonare loro la certezza di essere amati e voluti. Poi la visita all’Istituto Professionale St. Kizito, prima grande realtà dell’AVSI in Kenya, che prepara molti ragazzi alle professioni di falegname, fabbro, meccanico, parrucchiere, elettronico, muratore, informatico, ecc.
Uno sguardo su tante realtà che hanno in comune il mettere al centro la persona nella sua totalita`. Ciò che più mi ha emozionato è stata la possibilità di partecipare ad un seminario internazionale sulla presenza di AVSI in Africa Insieme ai responsabili ultimi di AVSI Italia, questi tre giorni hanno permesso a tutti di ritornare all’origine del metodo proposto.
Non un assistenzialismo basato sul pietismo, ma la volontà di ridare alle persone quella scintilla capace di risvegliare il loro desiderio di felicità, nella consapevolezza che sono amati e che non sono lasciati soli nel delicato cammino di realizzazione delle proprie aspirazioni. La finalità non è il progetto, che è invece uno strumento ma la persona in quanto tale. La testimonianza di Rose Busingye, che dirige il Meeting Point di Kampala e che è riuscita a ridare il valore creduto perduto alla vita di tante donne malate di AIDS, ha centrato la questione dell’impegno alla cooperazione, nella generazione di nuovi soggetti, possibile solo se chi lavora è egli stesso un soggetto, consapevole del proprio essere e dei desideri del proprio cuore.
È stato grandioso vedere che questo metodo permei tutta l’attività di AVSI, in un modo così unico da riuscire a costruire scuole negli slum, come la “Little Prince”, una scuola materna e primaria che sorge come un fiore all’inizio dello slum di Kibera, il più grande di Nairobi, o la Scuola Secondaria “Cardinal Otunga”, che dà un’istruzione di qualità a ragazzi bisognosi che altrimenti non potrebbero accedervi.
Due settimane di incontri, testimonianze, studio e lavoro che portano con sé una certezza: all’inizio di ogni percorso, anche quello di un viaggio lungo tre mesi, c’è un Io che si muove, una persona che coltiva i suoi desideri e permette al prossimo che incontra di farlo a sua volta. Soprattutto oggi dobbiamo ripartire da noi stessi in termini di autocoscienza: in tutto quello che facciamo siamo rapporto con l`infinito. Occorre ripartire dall’uomo.
Lo scritto di Andrea, pubblicato su La Valsusa