San Didero. I lavoratori delle Acciaierie scendono in strada: la marcia dei lavoratori in attesa di news da Roma
Quelle per difendere il lavoro, di questi tempi in valle di Susa, non sono certo le marce che guadagnano maggiori consensi. Così giovedì 9 aprile, alla marcia da San Didero a Bruzolo, tesa a scongiurare la chiusura dello stabilimento c’erano solo i lavoratori che rischiano il posto e una pattuglia di sindaci valsusini. Con loro due parlamentari del Partito Democratico (Paola Bragantini e Silvia Fregolent) e il consigliere regionale 5Stelle Davide Bono. Una giornata di protesta accompagnata dalla pioggia, con gli operai che, lungo la statale 25, hanno fatto sentire tutta la rabbia, la preoccupazione e il disappunto per la minacciata chiusura dello stabilimento. Non mancavano le bandiere delle organizzazioni sindacali nelle mani delle tute blu, e gli slogan, lanciati soprattutto contro una dirigenza ritenuta incapace di affrontare la crisi e la sfida del futuro. “Adesso – dicono i lavoratori Beltrame – guardiamo all’incontro in programma a Roma”. Inizialmente messo in agenda per la giornata di ieri pomeriggio, il tavolo di confronto tra le parti presso il Ministero dello Sviluppo, è stato spostato a giovedì 11 aprile. “Attendiamo cifre precise, stime attendibili e prospettive credibili – afferma un lavoratore – perché fino ad oggi ci hanno presentato solo numeri scritti su fogli volanti. E questo è inacettabile”.
Il corteo, partito dai cancelli dello stabilimento ci ha impiegato un’ora e mezzo per percorrere circa tre chilometri e giungere davanti al Municipio di Borgone. Ma è stata una marcia che idealmente ha attraversato tutta la Val di Susa. Perché i destini di questo storico stabilimento della Valle di Susa si intrecciano con quelli di un territorio che, negli anni, ha pagato prezzi pesanti in termini di deindustrializzazione e di perdita di posti di lavoro.
E pensare che lo stabilimento di San Didero fa parte di un gruppo, la Beltrame, attivo nel panorama siderurgico dal 1896, leader europeo nella produzione di laminati mercantili. Con circa 2.600 addetti, quattro acciaierie e dieci laminatoi distribuiti in nove siti produttivi ubicati in Italia, Francia, Svizzera e Romania il Gruppo è commercialmente presente in tutti i mercati mondiali.
La chiusura dello stabilimento valsusino lascerebbe sul campo i lavoratori dell’acciaieria ma minerebbe anche la sopravvivenza del laminatoio, per un totale di 350 posti di lavoro
“Significherebbe mettere in ginocchio circa duemila famiglie; una cosa che non è assolutamente sostenibile. Dobbiamo difendere questo prezioso stabilimento e salvaguardare. Questa è la nostra missione di enti locali” ha detto Paolo Alpe, sindaco di Borgone Susa.
Così davanti al municipio si sono schierati in tanti, la comunità montana, alcuni sindaci, parlamentari, assessori provinciali e regionali. Secondo la dirigenza del gruppo il problema della Beltrame è rappresentato dai costi troppo alti rispetto allo stabilimento francese dove la Beltrame vorrebbe trasferire l’attività. Così Claudia Porchietto, assessore regionale al lavoro, ha lanciato l’idea di utilizzare parte dei fondi compensativi legati alla realizzazione della Torino-Lione. Un’idea che però deve fare i conti con le leggi europee ma, soprattutto con il fronte No Tav che è insorto, a partire dal Movimento Cinque Stelle e dalla Fiom.
Ed è proprio Edi Lazzi, della Fiom Cgil a dire che “proprietà della Beltrame deve tornare sulla sua decisione.
La questione del lavoro e’ prioritaria soprattutto in valle di Susa. Bisogna trovare le risorse per gli ammortizzatori sociali in attesa della ripresa del mercato prevista per il 2014. Mentre sull’utilizzo delle compensazioni Tav per salvare la Beltrame, Lazzi è lapidario: “Non bisogna confondere la questione Tav con la chiusura dell’acciaieria. Io sono perché il Tav non si faccia destinando i soldi risparmiati alla questione occupazionale”.
Bruno Andolfatto