La Fiat si ferma? “Colpa della Selmat”. L’azienda non ci sta e contrattacca. L’Ad Enzo Maccherone accusa il colosso torinese: “Ha minacciato di farci fallire”
La Selmat di Sant’Antonino di Susa |
La notizia gira da alcuni giorni e ha del clamoroso, se non dell’incredibile. A divulgarla è la Fiat: in molti stabilimenti del gruppo, sostiene il colosso automobilistico torinese, la produzione è pressoché ferma e la colpa va ricercata nel cuore della valle di Susa. A S.Antonino per la precisione. Dove c’è la direzione e lo stabilimento principale della Selmat, fornitore di componenti in plastica, cinque stabilimenti in Piemonte e alcuni all’estero, per un totale di mille dipendenti.
L’allarme lanciato è tremendo: tutte le fabbriche del Lingotto rischiano lo stop. La Fiat, si legge sui giornali, sostiene che “alcuni componenti (prodotti da Selmat) non arrivano e gli operai non possono lavorare. Viene citato l’esempio delle Officine Maserati di Grugliasco che ha dovuto sospendere la produzione e dello stabilimento Fiat Automobiles in Serbia, mentre quello di Iveco a Madrid non produce da alcuni giorni e altri stabilimenti corrono il rischio di bloccare l’attività nei prossimi giorni”.
Secondo il costruttore automobilistico torinese la Selmat sta praticando un vero e proprio blocco “che sta creando gravissimi danni al nostro gruppo e agli altri fornitori che stanno regolarmente consegnando il proprio materiale. Sono alcune migliaia le persone che venerdì scorso ed lunedì non hanno potuto essere al loro posto di lavoro”. E ancora, conclude la nota del Lingotto, “continua una situazione di grave difficoltà che si trascina ormai da tempo ed il cui protrarsi non può non destare preoccupazione per le prospettive dei rapporti tra Fiat ed il fornitore e per le inevitabili ricadute occupazionali”.
A quel punto per Enzo Maccherone, amministratore delegato di Selmat Automotive, la misura è colma. Così l’imprenditore decide di uscire allo scoperto. Lo fa prima con un’intervista a un quotidiano torinese, poi al Tg Regionale del Piemonte. Infine cercando di tessere, con la collaborazione del sindaco di S.Antonino e consigliere provinciale del Pd Antonio Ferrentino, una rete diplomatica per tentare di ricucire il rapporto con la Fiat. Tanto che nei prossimi giorni potrebbe esserci un incontro, probabilmente nel Comune di S.Antonino, tra le parti in causa.
In ogni caso per la dirigenza Selmat le accuse che le piovono addosso dalla Fiat sono “infondate, gratuite e strumentali”. E della questione Maccherone ne avrebbe parlato anche in colloquio ottenuto dalla Procura della Repubblica di Torino.
Così Maccherone esce allo scoperto. E di fronte ai giornalisti e alla televisione fa sapere che il contenzioso con Fiat prende il via nel 2009. E’ il momento in cui la crisi inizia a farsi sentire. L’amministratore delegato Selmat illustra ai vertici Fiat le difficoltà che il calo di commesse sta causando all’azienda e come questo impedisce di mantenere gli stessi prezzi per le forniture. La Selmat si aspetta da parte del Lingotto un atteggiamento di comprensione nei confronti di uno storico fornitore che lavora praticamente solo per Fiat. Invece che succede? , “Che viene ritirata un’importante commessa , quella per il mezzo militare Lince”. Maccherone non si perde d’animo e, proprio durante la durissima crisi del 2009-2011, attua una politica di acquisizione di stabilimenti, con l’obiettivo di raggiungere la massa critica sufficiente a reggere sul mercato. Selmat aquisisce così la Martin Plast (2010) poi la Topplast (2012). Da quanto si intuisce, però, Fiat non esprime gradimento per questa politica … espansionistica. Ed è proprio in un’intervista di questi giorni che Maccherone rivela un retroscena: “Nel maggio del 2011 venni convocato in casa Fiat da Alfredo Altavilla.
E fui accusato, in presenza di testimoni, di voler ‘ricattare la Fiat’ . Mi minacciarono di farmi fallire.E poi, in un incontro successivo mi invitarono a vendere l’attività”. Proposta che però Maccherone ha sempre respinto al mittente. Le accuse che l’imprenditore rivolge al colosso torinese sono gravi. Come grave è l’accusa che ha ricevuto: cercare di strappare prezzi migliori bloccando a livello europeo la produzione di un colosso grande come la Fiat. Ma per Selmat questa è “una favola che serve a coprire le “pressioni” subite negli anni e i tentativi di portare la Selmat sull’orlo del fallimento, così da rendere facile il rilevamento del Gruppo da parte della stessa Fiat o di imprenditori amici”.
Di certo c’è che in ballo ci sono i destini non solo di un’azienda ma dei suoi mille lavoratori. Vedremo come andrà a finire.