Il “masterchef” di Londra arriva da S.Antonino. Il suo nome è Roberto Gardetto
Roberto Gardetto |
S.ANTONINO – Ha lavorato per Pierre Cardin, ha gestito hotel e ristoranti a 5 Stelle a Londra e dintorni. Di tanto in tanto ritorna a S.Antonino, il paese dove affondano i ricordi della sua infanzia. E’ Roberto Gardetto, classe 1953. “Formidabili quegli anni – dice – mi ricordo quando avevo otto anni e andavo a far merenda o a prendere il gelato nel bar di Remo ”Paluc” e poi quando si andava nella sala della televisione dopo aver attraversato un lungo corridoio, buio pesto, e al fondo c’era la mitica tivù in bianco e nero che trasmetteva Lascia o Raddoppia; una ventina di sedie messe tutte in fila e una nebbia di fumo di tabacco che potevi tagliare a blocchi ”. E poi le domeniche in Parrocchia con don Bonaudo. I giochi, il film al pomeriggio con cioccolata calda e biscotti ma anche l’impegno a servire due messe al mattino, il Rosario al pomeriggio e la messa delle sei”.
Il Cambio n°2 |
Insomma, una S.Antonino di altri tempi. Gli anni trascorrono in fretta: “Ho lasciato l’Italia e la valle di Susa nel 1979 e la prima tappa é stata Windsor, proprio dove d’estate risiede la Regina Elisabetta”. Da lì Roberto Gardetto ha attraversato “un ponte di circa cinquanta metri sul Tamigi e sono andato andare a Eton dove mi sono fermato per lavorare e imparare l’inglese; la paga era poca ma con vitto e alloggio erano gratuiti”
Passa un anno, e Gardetto inizia a passare da un hotel all’altro nella zona dell’aereoporto di Heatrow, “tutti a 5 stelle – ricorda – con ristoranti favolosi pieni di sceicchi arabi”. Un altro paio d’anni e un nuovo cambiamento. “Con Tony Zizza , borgonese , grande Chef ci buttiamo nella ristorazione. Ci arrivò la voce che un grande personaggio famoso stava cercando due persone per gestire un operazione catering ad alto livello. Si trattava di Pierre Cardin. Ci mettiamo in contatto, iniziano le trattative, Bisognava trovare referenze, hanno voluto sapere la parrocchia dove risiedevo, così il parroco don Oreste Cantore ci scrisse una lettera di presentazione”
Gardetto e Zizza arrivano così in Francia, alla corte di Pierre Cardin che “era molto , molto potente ma anche persona squisita, di buon gusto, gentile ,superstiloso. Durante l’inverno risiedeva a Parigi all’Espace Cardin in pieno centro e durante l’estate stava a Port La Galere vicino a Cannes. La sua proprietà era un castello del 18° secolo . Bene, io e Tony lo Chef dovevamo procurare e preparare ottimo cibo e bevande per tutti in occasione delle tante serate di Gala”.
Dopo tre anni l’esperienza termina. “Il mio amico Tony andò in Australia e aprì un ristorante a Sydney. Io tornai in Inghilterra e con la mia futura moglie Lynne, lavorai per un breve tempo per un genovese, proprietario di un famoso ristorante a Ascot sede del noto ippodromo inglese”. Una località, ricorda Gardetto, “frequentata da gente facoltosa, sceicchi arabi, imprenditori da oltreoceano con investimenti immobiliari, vita mondana tra ippica e golf”.
Passa un anno è “il desiderio di aprire un mio ristorante si fa sempre piu forte. Cosi nel 1985 con un amico borgonese di San Valeriano Franco Guglielmone, che a quei tempi lavorava sulle navi da crociera nei Caraibi, fondiamo il primo “Cambio”, ristorante tipico Italiano situato nella campagna inglese a un ottantina di km dal centro di Londra. Nome ispirato al celebre Cambio di Torino da cui prendemmo lo spunto”.
Il successo non tarda ad arrivare. Il ristorante si trova in una località piuttosto “in”; per dirne una, qui l’Olivetti aveva il suo training center. “Carlo De Benedetti in persona – racconta Gardetto – ebbe modo di tenere incontri e conferenze proprio nel nostro ristorante “.
All’apice del successo “decidiamo di vendere il ristorante e di spostarci a Guildford, per dar vita al secondo “Cambio”; l’inizio non fu semplice, per un paio d’anni lavorammo a .. singhiozzo. Era il periodo anni del conflitto tra Inghilterra e Argentina per il possesso delle isole Falklands. Nel frattempo il mio socio Franco Guglielmone si trasferì in Australia e io continuai con il Cambio.
Poi la svolta, “che coincise con l’arrivo di un giovane chef talentuoso proveniente da Reggio Emilia, Silvano Mazzoli, capace di preparare, tra le tante cose, prelibati ravioli con aragosta fresca o con il granchio fresco, lasagnette di ortiche e di ottenere lusinghiere recensioni sulla rivista Cucina Italiana”. Nel frattempo, era il 1995, “ecco la possibilità di acquisire un locale in buona posizione. Con l’aiuto di un amico aprimmo la Pizzeria Bar Centro; un’esperienza durata ben 18 anni fino alla fine dello scorso anno. A darmi un aiuto prezioso il mio socio Lorenzo Castiglioni, un amico padovano simpatico e professionale. E’ stato lui a gestire la pizzeria mentre io tenevo in piedi Il Cambio,che però era una struttura piccola risalente all’ottocento” .
Il Cambio n° 3 |
Così, arrivò un’altra opportunità. Quella di acquisire una struttura di proprieta del comune nel parco del castello, proprio in centro citta. Ed ecco quello che Roberto Gardetto definisce il “Cambio 3”.
Più che un ristorante è stata una vera e propria opera d’arte: cucina a vista, un tavolo special per sei persone, due sale private ai piani superiori, arredamento interamente tutto prodotto in Italia da una compagnia di Longarone nel Veneto”. E poi, aggiunge Gardetto, “che clientela! Da Ron Dennis della Mc Laren alle vecchie guardie Rock che ora vivono in campagna non più al centro di Londra, come i musicisti dei Pink Floyd, dei Genesis, dei Queen e poi politici, gente di televisione e dello spettacolo . Una gestione tutt’altro che semplice anche perché in cucina c’erano dodici persone e in altrettante in sala per una media di cento clienti al giorno. E poi le sale ai piani superiori dove avevamo installato la conferenza video a vivo con i manager di grandi aziende che venivano a pranzare o a cenare da noi (a porte chiuse) mentre partecipavano a una conferenza da New York o da altre città del mondo” .
Roberto Gardetto con l’artista Paolo Belgioioso |
Poi nel 2007, “una compagnia di investimenti si interesso al ristorante e lo volle a tutti i costi. Così venne venduto . Dopo sei mesi ecco la crisi economica e probabilmente il fatto di venderlo all’apice del successo fu la nostra vera fortuna”. Rimpianti ? “Assolutamente no – risponde Gardetto .- perché penso che negli affari si devono lasciare da parte le emozioni; anche se nel gestire un ristorante di successo ci vuole sempre un po’ di umanità”
Bruno Andolfatto