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Per tutti è Mondi: albanese, valsusino e … ormai italiano

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Edmondo Braho (Mondi) con la moglie e le figlie

A S.ANTONINO per tutti è “Mondi” e tutti lo conoscono come una persona allegra, che regala sempre un sorriso, una battuta. E che riesce a dire cose serissime scherzando e ad essere serio dicendo cose scherzose. Già, perché Mondi (il suo vero nome è Edmond Braho) è il prototipo del vero amico, quello che quando hai bisogno è sempre pronto a darti una mano. E Mondi di amici, in paese (e non solo) ne ha per davvero un sacco.  
La sua è una famiglia di quelle vere; c’è la moglie Diana e ci sono due figlie: Lorena, che frequenta Scienze Politiche a indirizzo internazionale e Michela, primo anno del liceo linguistico di Giaveno, uscita l’anno scorso dall’esame di terza media con 10 e lode. 
Una storia come tante? Forse. Con un … dettaglio. Mondi è albanese, vive in Valle di Susa dal 1992. La sua famiglia l’ha raggiunto (vedremo come) nel 1998. Le figlie hanno vissuto sempre qui, hanno fatto le elementari, le medie, le superiori in valle di Susa. Sono letteralmente impregnate di cultura italiana, le loro amiche e i loro amici sono (quasi) tutti italiani ma continuano ad essere… straniere. “Già – commenta Mondi – Lorena e Michela sono “albanesi” per gli italiani e sono “italiane” per gli albanesi. In ogni caso… straniere”. Strano ma vero.  

Mondi ci ha provato, qualche anno fa, a chiedere la cittadinanza italiana. “Era tutto a posto, le carte erano in regola. Mancava solo il raggiungimento del reddito minimo per ottenerla”. E non c’è stato niente da fare. Tu chiamale, se vuoi, ingiustizie.  Così ogni due anni, Mondi con la moglie Diana, la figlia Lorena e, dal prossimo anno anche Michela, devono pagare 130 euro a testa per evitare di essere rimandati in Albania… Così va il mondo, anzi l’Italia. 

Ma Mondi sorride e va avanti anche se un po’ questa storia gli ruga… e si vede. “Non è certo la cosa peggiore che mi è successa”, dice sorridendo. La mente corre, come in un flash back a quel giorno di agosto (il 23) del 1992, quando Mondi decide di andarsene dall’Albania. Il Muro di Berlino era crollato qualche anno prima, i regimi comunisti si erano dissolti “ma la crisi economica era tremenda e non c’erano prospettive”. 
Così Mondi prende e se ne va: “A Susa c’era mio zio, Daut Gumeni, un professore che parla cinque lingue e che oggi, in Albania, è una personalità”. I ricordi affiorano, e scopriamo che Daut Gumeni, arrivato a Susa nel 1991, aveva collaborato proprio con La Valsusa  per realizzare alcune pagine “italo-albanesi” che, in quel periodo, avevano fatto discutere parecchio. “Ma forse non tutti sanno che durante il regime comunista, mio zio si è fatto 25 anni di carcere”, aggiunge Mondi. 
E come sei venuto in Italia? “Avevo 27 anni. Sono venuto da clandestino, comprando un passaporto falso. Sono andato in aereo da Tirana a Lubiana e, dalla Slovenia, in taxi fino a Trieste. Da lì ho preso il treno e sono arrivato a Chiomonte. Dopo sei giorni ho cominciato a lavorare a Sestriere come muratore, manovale. Un po’ per volta ho imparato il mestiere di piastrellista”. 

Poi, nel 1994, il ritorno in Albania. Il matrimonio con Diana, la nascita della prima bimba. E via, di nuovo, verso l’Italia, questa volta in nave. Da solo, sempre clandestino, sempre piastrellista. “Nel 1997 torno in Albania, sto qualche mese. Ma la situazione del Paese peggiora, l’Albania è sull’orlo del crack economico, ci sono disordini e nel gennaio 1998 decidiamo di andarcene tutti e tre: io mia moglie e mia figlia Lorena che aveva due anni e mezzo”. Come? “Questa volta col motoscafo, i passaporti falsi erano introvabili anche pagandoli tantissimo (pensa che, facendo i conti, tutti questi viaggi … mi sono costati qualcosa come 15 milioni di vecchie lire)”. 

Non resta che affrontare il mare, in pieno inverno, da Valona a Ostuni. Due ore di navigazione, se il mare è tranquillo. “Ma al primo tentativo, quel giorno, le onde erano altissime. Abbiamo rischiato la vita e dopo un’ora lo scafista ha deciso di fare marcia indietro”. Nuovo tentativo il giorno dopo. “Questa volta va bene. Ce la facciamo, il gommone va velocissimo, in posizione quasi verticale, anche se a un certo punto il motore si inceppa e rimaniamo quattro ore in avaria mezzo al mare, che per fortuna quel giorno era liscio come l’olio”. Dopo lo sbarco Mondi, Diana e la piccola Lorena, da Ostuni vanno a Brindisi, poi con l’auto a Bari e ancora, in treno, in Val di Susa. Vita da clandestini, ovviamente. “Nel 1993 mi hanno fermato e mi hanno fatto il foglio di via. Sono tornato in Albania ma dopo un po’ ho ripreso la via dell’Italia. Qualche tempo dopo, un poliziotto mi ha di nuovo fermato sul treno e mi ha chiesto i documenti. Ovviamente non li avevo. Allora mi ha portato in caserma. Lì, hanno deciso di mandarmi in Francia. Sono sceso a Chambery ma ho ripreso il treno per Modane. A quel punto potevo tentare di farmi a piedi la galleria del Frejus, rischiando la vita, oppure di salire di nuovo su un treno rischiando però di essere ricacciato indietro. Sai che ho fatto? Ho guardato il cielo, ho visto il sole e mi sono incamminato su per la montagna. Son salito per poi scendere  a Bardonecchia, tutto a piedi”. 

Finalmente nel 1998 c’è la sanatoria per gli immigrati e, nel 1999, arriva il tanto sospirato permesso di soggiorno. La famiglia si allarga e  nel 2000 nasce Michela. I quattro vivono per un po’ a Susa poi si trasferiscono a Sant’Antonino, “dove – raccontano Mondi e Diana – abbiamo trovato tanti amici veri che ci hanno dato una mano, come Michelina e Giovanni Caramello e la loro famiglia, che ci hanno accolto come fossimo loro figli”. 
E adesso? “Si tira avanti. Certo il momento è difficile, la crisi si sente e c’è poco lavoro”. Ma Mondi è molto apprezzato e, nel suo lavoro, è davvero bravo. Soltanto c’è questa storia del reddito che impedisce a lui e a tutta la sua famiglia di essere riconosciuti per quello che sono. Perché anche se la loro televisione è sintonizzata sui canali albanesi, loro ormai sono Italiani. Proprio come noi.

Bruno Andolfatto

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