L’idea di Danilo Bar: Bussoleno, S.Giorio, Chianocco, Bruzolo e Mattie in un solo grande comune di 11 mila abitanti
Comunità Montane che prima sono tre, poi vengono “fuse” e diventano una sola.
Poi anche questa viene abolita, commissariata e si dice ai Comuni: adesso vedetevela voi, mettetevi d’accordo, fate le Unioni Montane dei Comuni.
E cosa succede nelle valli di Susa e Sangone? Che le Unioni diventano 4: due in alta valle, una in bassa (con la fuga di Rubiana in Val di Viù) e un’altra in Val Sangone.
Intanto la Comunità Montana resta in piedi, ancora per un po’ di tempo, commissariata.
Nel frattempo nasce la Città Metropolitana al posto della vecchia Provincia; dentro ci sono tutti i 315 comuni. Per farla funzionare si pensa di creare aree omogenee.
Risultato: sta per nascere l’area omogenea che mette insieme Valle di Susa (tutta intera) e Val Sangone, in pratica la vecchia Comunità Montana Unica esce dalla porta e (forse) rientra dalla finestra.
Da non capirci più niente.
E i Comuni che fanno?
Ne parliamo con Danilo Bar, sindaco di San Giorio, uno che, potremmo dire, fa parte della “vecchia guardia” degli amministratori comunali valsusini. Il suo pensiero è chiaro: “Manca un progetto complessivo su come lo Stato debba riorganizzare i servizi decentrati sul territorio”. E Bar non si limita a dare le colpe (che pure ci sono) allo Stato centrale e alla Regione. Troppo comodo sbrigarsela così. “Tocca anche a noi, amministratori comunali, affrontare la questione”.
Come? “La strada c’è e si chiama fusione dei Comuni. E’ da almeno 15 anni che sostengo questa tesi e chissà che prima o poi non ci si arrivi”. Una linea piuttosto controcorrente nel Paese (l’Italia) dei campanili.
Eppure Danilo Bar, insieme ai colleghi di un comprensorio che, oltre a San Giorio, racchiude Bussoleno, Chianocco, Bruzolo, Mattie ci sta pensando seriamente. “Qui ci vuole un approccio laico ai problemi, che tenga conto della realtà. E la realtà è anche quella dei numeri. In questi giorni sono andato a spulciare i vecchi registri comunali e ho scoperto che, nel 1899, a San Giorio, sono nati 116 bambini. Nel 2014 ne sono nati 11 e nel circondario che comprende noi, Bussoleno, Chianocco, Bruzolo e Mattie i nati sono 57. Cifre che non possiamo far finta di non vedere”.
E quindi? “Dobbiamo renderci conto che stiamo diventando una società di… vecchi, che le persone che vivono nei nostri paesi hanno un radicamento e un attaccamento minore col paese in cui vivono, che c’è una tendenza mondiale ad andare a vivere vicino ai grossi centri urbani. Occorre far di tutto per evitare che i nostri territori rimangano sguarniti e bisogna cercare di migliorare la qualità della vita, ad esempio con iniziative che limitino il pendolarismo e consentano, attraverso le nuove tecnologie, il lavoro concettuale –impiegatizio a domicilio. E poi valorizzando le potenzialità della montagna, penso all’utilizzo che noi stiamo facendo del patrimonio boschivo e del materiale che deriva dalla pulizia del sottobosco per far funzionare la centrale a biomasse”.
Sono solo alcuni esempi e ce ne potrebbero essere tanti altri, dalla qualità del paesaggio, alla valorizzazione turistica basata sull’ambiente, le tradizioni, la storia, l’enogastronomia locale. In una parola: bisogna tornare a progettare.
Ma anche i progetti, da soli, non bastano. “Servono entità locali forti mentre, negli ultimi anni, nel rapporto con la Regione con gli altri enti, noi Comuni siamo diventati più deboli”.
Ed ecco il sogno: i cinque Comuni di Bussoleno e dintorni, riuniti in un solo grande Comune, farebbero qualcosa come 11.090 abitanti. In una parola, il secondo Comune valsusino dopo Avigliana. Ma qui la mania di grandezza c’entra poco o nulla. “Se vogliamo riprendere a respirare e a progettare dobbiamo risparmiare e trovare il modo per intercettare nuove risorse. Fonderci in un solo Comune servirebbe a ridurre i centri di spesa e a organizzare meglio e in modo più efficiente i servizi”.
Di più: “Con queste cifre demografiche prima o poi la fusione tra Comuni diverrà ineluttabile. E prima che ce la impongano dall’alto, dobbiamo farla noi dal basso, dando pari dignità a ogni paese, evitando che qualcuno risulti emarginato, riconoscendo rappresentatività a ciascun territorio. Nel Sud ma anche nel Veneto e in Lombardia lo stanno facendo, non vedo perché non dovremmo riuscirci noi”. Detta così sembra facile ma le difficoltà non mancano. E forse ci vorrebbe qualche incentivo in più: “Adesso per chi si “fonde” è prevista l’esenzione per tre anni dal patto di stabilità oltre a contributi statali e regionali. Ma non basta ancora. Serve altro, anche se la strada è quella”.
Sullo sfondo c’è la confusione e lo smarrimento che regnano negli organismi sovraccomunali.
“L’Unione Montana dei Comuni non ha certezze di risorse e ancora deve capire come muoversi. Credo che dovrebbe organizzarsi in sub ambiti che potrebbero coincidere, ad esempio con gli attuali distretti scolastici. Sarebbe un passo importante”. Con la prospettiva di fondersi , a loro volta, in Comuni capaci di fare massa critica e di pesare di più? Chissà. “Lo so, su questo punto, in Valle di Susa sono in … minoranza – ammette Bar – ma non per questo rinuncio alla battaglia”.
Anche perchè, nelle vicende politiche valsusine, sembrano prevalere vecchie logiche. Basti vedere quel che è successo nella partita per la presidenza del Conisa, il Consorzio che gestisce i servizi sociali. “Fino ad oggi – commenta Bar – questo organismo è stato gestito come un ente “strumentale” e si è tenuto a debita distanza dalla… politica militante. Speriamo che continui su quella strada.
Certo la sensazione è che, su alcune vicende (anche locali) molti di quelli che si sono affacciati sulla scena politica con l’obiettivo di denunciare e superare (giustamente) i vecchi vizi di spartizione e occupazione del potere, alla fine siano i primi a replicare proprio quelle cattive abitudini”.
E sulla madre di tutte le battaglie, quella contro il Tav? “La condivido e credo ci siano ancora spazi per fermarlo. Ma credo anche che la battaglia contro il Tav non debba paralizzare la vita della valle e che ci siano molte altre questioni su cui è urgente intervenire. Penso alla questione del lavoro, della difesa del territorio, alla sanità e all’assistenza, all’istruzione. E penso alle opportunità che rischiamo di non cogliere e su cui siamo in pesante ritardo”.
Ad esempio? “Una per tutte. A Milano, il 1° maggio inizia l’Expo, un evento mondiale, sull’alimentazione. In valle passeranno centinaia di migliaia di persone, qualcuno dice addirittura qualche milione. Perché nessuno si è posto il problema di fare qualcosa per intercettare visitatori, per farli fermare in valle di Susa? Bisognava farlo almeno un anno fa. Ma nessuno ci ha pensato. Un’occasione persa”