Mons. Nosiglia, vescovo di Torino: “Le parrocchie accolgano i profughi”
“Pur consapevole dell’impegno che comporta la proposta, chiedo ad ogni Unità Pastorale della nostra Diocesi di provare a definire un concreto programma di accoglienza straordinaria e di accompagnamento per alcuni fratelli e sorelle vittime della migrazione forzata. Si tratta in partenza di affrontare il bisogno urgente dell’alloggio per poi promuovere insieme alle altre realtà ecclesiali e civili un sostegno effettivo al percorso di inclusione sociale di cui avranno bisogno.
Mons. Nosiglia |
“Chiedo in particolare ai moderatori e referenti territoriali della Caritas, San Vincenzo e altre realtà che operano nel sociale – spiega Nosiglia – di promuovere in ogni Unità Pastorale uno o più luoghi di accoglienza temporanea capaci di ospitare 5 persone ciascuno, cercando la disponibilità presso le parrocchie, gli istituti religiosi, le case di risposo, altre strutture ecclesiali presenti sentendosene responsabili e offrendo il loro sostegno”.
“Non si tratta di una accoglienza solo notturna, come per quella offerta ai senza dimora da alcune parrocchie – sottolinea ancora l’arcivescovo di Torino – ma di ospitalità completa per alcuni mesi, in base alle necessità e alle indicazioni che le Istituzioni pubbliche potranno fornirci. La capillarità di tale operazione, unita all’invito affinché anche alcune famiglie siano disponibili ad accogliere un rifugiato in casa, può produrre un frutto molto positivo: oltre all’estensione del numero di persone che ne usufruiscono, avvia un’azione di responsabilità da parte delle comunità cristiane e civili e di ogni cittadino, che rifiutano quella cultura dello scarto, di cui tanto ci ha parlato Papa Francesco in riferimento anche agli anziani, poveri, malati e disabili, disoccupati o in cerca di lavoro, famiglie soggette a sfratto incolpevole. Essi sono ogni giorno destinatari della solidale azione delle nostre comunità mediante la Caritas e tante realtà associative religiose e laicali per cui non si tratta di togliere o diminuire questa concreta azione di sostegno, ma di estenderla anche a chi si trova in una particolare situazione di miseria e di abbandono. Dio, che non si lascia vincere in generosità e ama chi dona con gioia, saprà moltiplicare il bene fatto anche a vantaggio di chi lo fa”.
L’arcivescovo di Torino nella premessa spiega che “in questo periodo estivo è emersa in tutta la sua gravità la problematica dell’accoglienza dei rifugiati che giungono numerosi nella nostra patria come in altre nazioni europee per fuggire da situazioni tragiche di guerre, violenze e povertà estreme. Ne sono derivate polemiche e contrapposizioni aspre. Tutti ci accorgiamo che un clima di tensione incentivato anche dai media non giova ad affrontare con equilibrio e generosità questa emergenza, che invece esige un supplemento di impegno da parte di ogni componente sociale, rifuggendo da cinici populismi o ingenui buonismi”.
“Cavalcare le paure e gli allarmismi – aggiunge Nosiglia – ingenera atteggiamenti di rifiuto che chiudono il cuore e addormentano la responsabilità di fronte all’obbligo forte consegnatoci dal Signore e che deve risuonare nelle coscienze e nel cuore di credenti e cittadini: “ero forestiero e mi avete ospitato”. Il buonismo ingenuo, a sua volta, rischia di ostacolare una intelligente gestione dei vari problemi che l’accoglienza pone. Sono questioni che vanno affrontate con la volontà di mettere al centro la persona bisognosa e che interpellano ciascuno di noi, non solo le istituzioni, sul senso vero che diamo alle parole ’solidarietà’ e ’giustizia’”.
“Ringrazio l’Ufficio diocesano di Pastorale dei Migranti, la Caritas diocesana e le tante realtà parrocchiali o religiose e civili che, insieme a diverse famiglie hanno già offerto nei mesi scorsi a molti rifugiati alloggio o assistenza degna, attenta alle loro necessità primarie. Ritengo tuttavia che il Signore, attraverso questi “segni dei tempi” ci chiami ancora ad un di più di sforzo comune che, pur esigendo sacrificio, ottiene una forte, significativa e concreta testimonianza ecclesiale al Vangelo della carità che come comunità cristiana siamo chiamati ad offrire andando oltre le parole spesso vacue o inutili”, conclude Nosiglia.