Tav

“Noi madamin di Torino pronte al dialogo con la Valle di Susa”

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Intervista con Giovanna Giordano, una delle organizzatrici della manifestazione “Sì Tav”

Si chiama Giovanna Giordano ed è una delle famose “madamin” che il 10 novembre hanno portato 40 mila persone in piazza Castello per dire sì alla Torino-Lione. 
Già, le famose “madamin”: l’etichetta, affibbiata da un’esponente grillina alle sette gentili signore, è diventata il brand di un neonato movimento che potrebbe avere esiti e sviluppi imprevedibili. 
L’appuntamento per un caffè con Giovanna Giordano è proprio nel cuore della città, nel bar della Galleria di Arte Moderna, a due passi dal gigantesco monumento a re Vittorio Emanuele II, costruito (guarda un po’) con le pietre cavate dalla montagna di Vaie, in bassa valle di Susa.
Ed è proprio alla valle di Susa che Giovanna dedica il suo primo pensiero: “ Non c’è e non ci deve essere alcuna contrapposizione tra Torino e la Valle di Susa. Del resto la Tav è una questione che riguarda soprattutto i rapporti tra l’Italia e gli altri Paesi, poi è chiaro che l’opera tocca la Valle e tocca Torino ma non potrà che portare benefici a tutto il Paese”.
Di più: “ La Torino-Lione è importante, è necessaria, anzi è indispensabile ma non è l’unico tema su cui ci muoviamo, tanto che non ci chiamiamo ‘Sì Tav” ma, come si può vedere nella nostra pagina Facebook, ‘Sì, Torino va avanti’. Abbiamo scritto un manifesto che tocca sette punti e che, insieme alla-Tav, affronta i temi della mobilità nella città e con i territori intorno a Torino, e poi le questioni del lavoro, della cultura e del turismo, dello studio, della ricerca e dell’innovazione, della solidarietà, della sicurezza e dell’efficienza”.
Tutt’altro che monocordi, quindi, queste sette signore, anche se poi è vero che tutto ha origine in quella sera, era il 29 ottobre, quando il Consiglio Comunale votò (sindaca Appendino assente) un ordine del giorno che classifica Torino come “città No Tav”. Quella sera abbiamo creato il gruppo su Facebook, convinte che tutto non poteva ridursi a una contrapposizione tra manifestanti, bandiere No Tav da una parte e Sì Tav dall’altra. Alle 18 di quella sera abbiamo creato il gruppo poi, il mattino dopo ci siamo preoccupate di mettere in chiaro le regole: solo persone e non organizzazioni, gentilezza e non odio, argomenti e non insulti, informazioni e non réclame o propaganda. Ci siamo accorte che nella gente c’è un forte bisogno di esprimere la propria opinione e di farlo in modo educato e disciplinato”. Che è l’esatto contrario di quel che, comunemente, succede in rete e nei social.
Così le sette madamin, in pochissimo tempo, sui social hanno aggregato qualcosa come 46 mila iscritti fino al clamoroso risultato di piazza del 10 novembre. Tutto sempre all’insegna di uno stile e di una sobrietà di stampo sabaudo, senza sbavature, senza toni esagerati ma con altrettanta chiarezza.
Ma che ci dice della Valle di Susa? Giovanna Giordano parte dal “personale”, dal suo contatto con la Valle: “ La conosco bene, vado a sciare in alta valle e d’estate sono spesso a scarpinare sulle montagne valsusine insieme a mio marito”.
Che idea si è fatta del no al Tav che, in valle, continua ad essere forte? 
In questi mesi ho percepito che noi, qui in città, non abbiamo chiaro quanto sia stato aspro e profondo, in valle, lo scontro sulla Tav. Vede, a Torino i No Tav sono identificati con i centri sociali. In valle è diverso, l’opposizione alla Tav è un fenomeno popolare, radicato tra la gente. Questo è successo perché, all’inizio della vicenda, è mancato l’ascolto, l’interlocuzione con quel territorio. Cosa che non è avvenuta in Francia, dove i meccanismi di dialogo e partecipazione sono collaudati. Questo a Torino non è stato capito fino in fondo”.
Ok, ma adesso che si fa? 
Dobbiamo fare informazione. In questi anni c’è stata da un lato troppa propaganda e, dall’altro, un linguaggio troppo tecnico, difficilmente accessibile e comprensibile. Abbiamo bisogno di divulgazione, servirebbe un Piero Angela che spiegasse bene che cos’è la Tav, a cosa serve, quali sono i benefici. Ad esempio: per ogni euro investito ne tornano sul territorio 3,7 in sviluppo e lavoro, senza contare le compensazioni. E poi: tra imprese coinvolte direttamente nell’opera e indotto si parla di 52 mila addetti negli 11 anni di lavori, visto che tre quarti dei posti di lavoro saranno in settori diversi dalle costruzioni (agricoltura, industria, commercio, trasporti, turismo, servizi alle imprese)”.
Ma quel che preme di più a Giovanna Giordano è che si torni a dialogare, a confrontarsi: “ Siamo disponibili a venire in valle di Susa. Vorremmo ascoltare, parlare con le persone. Sarebbe bello che lo si potesse fare spogliandoci da pregiudizi e ideologie, uscendo dalla logica della contrapposizione che ci fa rimanere fermi all’epoca dei guelfi e dei ghibellini. Impossibile? Ma è proprio nei momenti difficili che bisogna credere nelle imprese impossibili. Dobbiamo crederci. Noi ci siamo”.
BRUNO ANDOLFATTO

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