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La Valsusa non sprechi le compensazioni. La posizione Uncem

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“Sul tema delle compensazioni Tav ai territori montani della Val di Susa attraversati dall’infrastruttura, ritengo sia molto importante riaprire subito la concertazione con Sindaci, Comuni, Unioni montane e Istituzioni locali.

È molto positivo l’impegno della Regione guidata da Alberto Cirio. Negli undici Comuni individuati per le compensazioni, mi pare sia importante definire tre fronti d’azione. Il primo riguarda le opere compensative vere e proprie. Queste devono essere orientate allo sviluppo locale, alla crescita dei territori che come altri soffrono di spopolamento e abbandono, di desertificazione e anche di impatti sugli ecosistemi come qualsiasi cantiere e opera generano. In Val di Susa di più, dopo tre decenni di contrasti. Ai primi 35 milioni di euro se ne devono aggiungere altri. Per digitalizzazione e superamento del divario digitale, per start up, aziende nuove e coworking, per imprese agricole sociali, per esercizi commerciali multifunzionali, per la viabilità ordinaria e in quota. I progetti, turistici in particolare, non mancano.

A Chiomonte è prezioso quanto fatto negli ultimi anni da Roberto Garbati, oggi Sindaco, alla guida di Imprend’Oc.

Le risorse vanno usate per i versanti montani, per associazioni fondiarie capaci di rilanciare la viticoltura di montagna, in accordo ad esempio con Istituti che se ne occupano da anni come Malva Arnaldi e Bonafous. Uncem ha lavorato molto su questo insieme con i Vignaioli Piemontesi e il Disafa dell’Università di Torino e l’Università di Scienze Gastronomiche, in particolare con i professori Vincenzo Gerbi e Michele Fino. Usiamo le migliori teste, capacità culturali i idee per comporre i migliori progetti. Risorse fondamentali anche per nuove reti, smart grid, e una importante green communityoil free zone come previste nella nuova legge montagna della Regione Piemonte e nella legge nazionale 221 del 2015 sulla green economy, unendo metanizzazione a mini centrali idroelettriche e impianti a cippato da gestione attiva dei boschi cedui sui versanti”.

Lo afferma Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem. Che prosegue: “Secondo punto riguarda, sempre a Chiomonte, Exilles, Gravere in particolare, la sistemazione degli operai e di quanti lavoreranno al cantiere. L’Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino, guidata dal professor Antonio De Rossi, può aiutare a riconfigurare e ripensare borghi e paesi, unendo la rigenerazione architettonica degli immobili a un nuovo modo di abitare e fare impresa. Questo è il secondo asse del lavoro, complesso ma decisivo. Quelle case sono perlopiù private, disabitate, e bisogna capire come intervenire. Conservazione degli stili, ma anche innovazione. Co-housing, case green e smart, antisismiche, Nzeb. I Sindaci, nell’Unione montana, hanno idee e devono innescare processi sostenuti dalle risorse pubbliche. È naturale che vanno usate imprese locali per i lavori, coinvolgendo gli artigiani del posto con le loro associazioni di categoria. Ma va pensato un progetto integrato di sviluppo che unisca innovazione architettonica, ruolo delle comunità, rivitalizzazione degli spazi“.

Terzo punto, verso il futuro. “Oggi, da decenni, l’autostrada Torino-Bardonecchia attraversa la valle e lascia niente ai territori – sottolineano Bussone e il Presidente Uncem Piemonte, Lido Riba, autore di una grande storica battaglia su questo fronte – Non può essere così anche per la nuova ferrovia. Diciamo da tempo che vanno pensate forme di compensazione stabili, durature nel tempo, efficaci, a fronte delle grandi infrastrutture che attraversano le valli alpine e appenniniche. Strade e ferrovie. Una percentuale del pedaggio autostradale, una compensazione per la Co2 emessa dai veicoli, una porzione del prezzo che le imprese pagheranno per mettere le merci sui treni, dei biglietti del Tav, devono tornare al territorio, alla valle. Altrimenti, dopo i primi 35, 50, 80 milioni di euro di compensazione, dopo il 2025, tutto finisce. Invece, l’Italia, il Piemonte hanno la grande occasione di ripensare il rapporto tra territori e opere, tra chi passa e chi resta, di fatto tra città che produce e montagna che, anche con conflitti, è attraversata dalle reti. È un tema moderno e rilevante, che la politica non può mettere in un angolo rispetto al tutto e subito. Serve un pensiero organico e orientato al futuro, capace di valorizzare i servizi ecosistemici-ambientali, i versanti, tutti i territori alpini, le comunità che le vivono e che le sceglieranno”.

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