“Costruiamo insieme una chiesa dove i giovani si sentano a casa”
I gruppi giovanili incontrano mons. Nosiglia a Susa
VILLAR FOCCHIARDO Ma quanti sono i giovani che in valle di Susa, frequentano parrocchie, gruppi scout e di Azione Cattolica, movimenti? Bella domanda… E poi, siamo d’accordo, quando si parla di fede e di vita ecclesiale i numeri “contano” fino a un certo punto visto che, si legge nel Vangelo, “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Ma è pur vero che i numeri un’idea la danno.
E allora, qualche ora prima dell’incontro dei giovani con mons. Nosiglia, previsto questa sera, giovedì 24 a Villa San Pietro (Susa) andiamo tra i castagneti di Villar Focchiardo, a due passi dalla chiesa parrocchiale del paese, nella casa dove vive a don Antonello Taccori, responsabile della pastorale giovanile della diocesi segusina.
Allora, quanti sono i “nostri” giovani)? Don Taccori ci pensa un po’: “ Difficile … dare i numeri ma tra scout, Azione Cattolica, oratori saranno circa 250-300 ma potrebbero anche essere di più”. Una stima prudente? “ Meglio non esagerare”, ammette il sacerdote. E i giovani che questa sera saliranno a Susa, per incontrare il nuovo vescovo come sono? “ Sono ragazzi e ragazze che provano a vivere il Vangelo e a portarlo tra i loro coetanei. Giovani non diversi da tutti gli altri, che cercano punti di riferimento in una società che spesso li disorienta; giovani che cercano nella chiesa risposte alle loro tante domande”.
Don Antonello non si sbilancia però, dice, “ percepisco molta curiosità sull’incontro con mons. Nosiglia. Spero di vedere tanti giovani stasera”. E lavorare con i torinesi come sarà? “ Per me non è una novità. Lo faccio da tempo, un po’perché ho molti amici preti a Torino e con loro ci vediamo spesso, per pregare e riflettere insieme. Lo stesso vale per la pastorale giovanile. Proprio l’anno scorso, in occasione del sinodo dei giovani, torinesi e valsusini salirono insieme al Rocciamelone per portare una candela alla Madonna. A parte questo, i momenti comuni ci sono già e sarà bello camminare insieme in modo ancor più ravvicinato”.
Insomma prevale l’ottimismo e la sensazione che “ l’arrivo del nuovo Vescovo darà una scossa salutare. In questi anni gruppi, associazioni e movimenti hanno provato a camminare insieme e ci sono anche riusciti. Ma forse, presi dai tanti impegni, manca ancora una riflessione comune e la sensazione è che si sprechi tanto tempo tempo ed energie facendo tanto e pregando e riflettendo poco”.
C’è da camminare quindi, anche per rivolgere lo sguardo non solo all’interno delle nostre parrocchie ma ai tanti giovani che “stanno” fuori o che sono sull’uscio. “ Sì – dice don Antonello – e l’immagine di questa sera è quella della rete”.
Quella rete che, dal punto di vista evangelico, ha un grande significato (ricordate gli apostoli che gettano le reti?) e che evoca lo stare insieme, collegati, veramente connessi per collaborare e camminare insieme. Poi c’è la rete, intesa in senso moderno, con le sue opportunità e i suoi guai.
Mentre ci diciamo queste cose, don Taccori prende il telefonino in mano, lo guarda. “ Penso alle tante fragilità di tanti giovani. Alla fatica che fanno ad esprimere i sentimenti, la vergogna e il disagio che provano in un abbraccio, la paura di esternare emozioni, la difficoltà di riuscire a sognare. A volte ho la sensazione che non ce la facciano a uscire da loro stessi, che siano dipendenti dai cellulari, che questo essere perennemente connessi riveli tanta solitudine e pochi incontri veri”.
Detta così fa un po’ paura. C’è qualche speranza? “ Sì e tocca a noi proporre le cose che contano (Dio, la Fede), sostenere i nostri giovani e fare in modo che non si scoraggino. Per riuscirci dobbiamo proporre una Chiesa che non sia un’istituzione ma una casa, un luogo dove si può stare bene, capace di accogliere. Solo così riusciremo a “uscire”, incontrando i giovani che vivono ai margini, quelli più lontani, soli, che patiscono (anche se non lo dicono) situazioni a volte dolorose come separazioni e problemi famigliari, disagio, dipendenze, droga. E che cercano un senso da dare alla vita”
BRUNO ANDOLFATTO