Fuga dal Coronavirus
L’aereo proveniente da Shanghai (Cina) con a bordo il trentenne vaiese-santantoninese- parigino Federico Gioberto (“ma ho anche vissuto ad Avigliana, Torino, Milano, Liegi e ho trascorso le estati con i nonni sardi a Villasimius”, precisa) è atterrato a Milano Malpensa ieri mattina, mercoledì 29 gennaio, alle 7, dopo 15 ore di volo (compreso lo scalo a Hong Kong).
E’ terminata così l’avventura del giovane valsusino, partito il 2 dicembre per un viaggio da sogno in terra cinese che, nei giorni scorsi, si è trasformato in una spiacevole avventura a causa del Coronavirus che ha colpito la città di Wuhan, provocando migliaia di contagiati e un centinaio di morti. Un virus che attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica internazionale e, diciamolo, corre il rischio di trasformarsi in una psicosi collettiva. Lo sentiamo al telefono nel primo pomeriggio di ieri:
“Sono finalmente tornato a casa, a Sant’Antonino, contento di rivedere la mia valle, ma visto che i miei genitori si sono beccati l’influenza, ho deciso di “isolarmi” qualche giorno su in montagna, alla Mura, 1000 metri sopra Vaie dove abbiamo una casetta di famiglia. Con me c’è mio fratello. All’arrivo, in aeroporto, mi hanno dato un foglio con alcune raccomandazioni: evitare contatti con altre persone, indossare la mascherina se esco, lavarmi spesso le mani. Questo perché il virus ha un periodo di incubazione di 15 giorni e bisogna stare attenti ai contatti con le altre persone”.
Un viaggio di ritorno iper controllato. “Prima di partire da Shanghai sono stato sottoposto, insieme agli altri passeggeri, a una serie di controlli. La stessa cosa è avvenuta allo scalo di Hong Kong. E poi, ovviamente a Malpensa. Per tutto il tempo del viaggio abbiamo dovuto indossare la mascherina. Atterrati in Italia, dopo averci avvisato, ci hanno tenuti chiusi in aereo per venti minuti per fare un doppio controllo sulla nostra temperatura corporea. Poi ci fanno fatto compilare un foglio con i nostri recapiti in modo che, se dovessimo manifestare sintomi strani, questi possano essere segnalati e i sanitari siano in grado di tenere sotto controllo la situazione”.
Ma come stai? “ A parte i disagi dei giorni scorsi sto bene. Non ho alcun sintomo, non mi sento “giù” anzi sono contento di rivedere la valle e di uscire da una situazione un po’di paranoia. Certo, mi piacerebbe venissero evitati sensazionalismi sul popolo cinese. Ho visto e letto cose spiacevoli e sentito battute fuori luogo. Io sono contentissimo di essere andato in Cina. E’ stato un viaggio bellissimo e anche l’esperienza del Coronavirus mi ha insegnato molto”.
Ma un virus non è certo un piccolo problema. “ E’vero ma ho l’impressione che, da questa parte del mondo, la paranoia verso il contagio sia più alta del dovuto. La vera emergenza è là e sembra che, dalle nostre parti, di questo non importi molto. Tutti temono che il contagio arrivi qui; finchè resta in Cina non sembra essere un problema nostro. Non mi pare un modo giusto di pensare”.
Federico, ma come ti è venuto in mente di andare in Cina? “ Vivo a Parigi da tre anni, faccio il free lance come grafico e ho una Partita Iva francese. L’anno scorso ho trovato un lavoro serale extra come barman e ho messo da parte un po’ di soldi. Il contratto scadeva a fine stagione, a novembre, e nell’estate ho deciso di preparare un viaggio un po’più lungo del solito. Ho scelto la Cina, una meta che fino a quel momento non mi interessava e, dopo averci pensato, ho provato una specie di “innamoramento. Ho iniziato a informarmi sulle mete, su cosa c’é da vedere, su come ci si può spostare”.
E poi? “ Sono partito il 2 dicembre e sono arrivato il giorno dopo a Pechino. Ho fatto pochissimi voli interni, solo spostamenti con bus o treni; questo perchè la Cina ha una rete ferroviaria incredibile. E’ stata una soluzione ecologica e divertente. Da Pechino sono partito verso Sud e ho girato pian piano tutta la Cina”.
Tanti luoghi affascinanti, tante città, nomi difficili da scrivere, da leggere, quasi impossibili da pronunciare. Eccoli: Beijing, Xi’an, Huashan, Chengdu, Leshan, Emeishan, Kunming, Dāli, Shangri-La, Chongqing (che è la città più è popolosa del mondo), Wulong, Guilin, Longji, Yangshuo, Guangzhou, Shenzhen, Zhangjiajie, Changsha, Shanghai. “ Tra le mete possibili, raggiungibile in treno, c’era anche Wuhan (il focolaio del Coronavirus), mi ero quasi convinto ad andare, poi non so bene perché ho cambiato idea e sono andato direttamente a Shanghai ed è stata una fortuna…”
L’arrivo a Shaghai il 21 gennaio. Qui “ il viaggio si è bloccato a causa del virus. Non si poteva più viaggiare da una città all’altra in bus e in treno e anche gli ostelli in cui avevo prenotato erano chiusi. A quel punto non mi è rimasto altro da fare che anticipare il rientro e tornare a casa una decina di giorni prima”.
Il giorno dopo … ecco il virus: “ Le prime notizie erano vaghe, si parlava di 200 contagiati. Non mi sono mai fatto prendere dalla paura; il rischio di essere contagiato era assai remoto. A cambiare è stata la mia permanenza in Cina che durava da due mesi. Dal momento in cui la notizia si è diffusa il Paese si è bloccato. Lo scorso fine settimana, anche a causa del Capodanno Cinese, era tutto chiuso, dai negozi (a parte quelli aperti h24) ai ristoranti (a parte di Mc Donald e gli Starbucks ). Nelle farmacie mascherine, gel sanificatori sono andati letteralmente a ruba. Panico e paranoia crescevano. In giro per le strade non c’era nessuno, una situazione piuttosto strana per una città che ha 25 milioni di abitanti. Anche i musei erano chiusi. Stavo per buona parte della giornata in ostello e facevo qualche giro in città. Poi la situazione è pian piano tornata ad essere quasi normale”.
Che ricordo ti resta di questa esperienza? “ Il ricordo di un viaggio bellissimo, interrotto dall’epidemia che è stato solo un breve capitolo di un’avventura lunga e importante che mi ha fatto avvicinare alla Cina, un paese che mi ha letteralmente incantato. La rifarei subito”.
(Bruno Andolfatto)