Saitta e la sanità: “Meno ospedale, più territorio”
RIVOLI – Antonio Saitta, rivolese e già sindaco della Città, ha gestito la Sanità Piemontese dal ponte di comando della Regione durante la presidenza di Sergio Chiamparino e ora esce con un libro intitolato ‘ Sanità, fare l’unità d’Italia’ (edizioni Rubbettino).
‘ Subito dopo aver lasciato l’assessorato – racconta – mi sono messo a scrivere e ho completato il libro qualche giorno prima dell’esplosione del Covid-19, un’emergenza sanitaria inimmaginabile’.
Una pandemia che pare ormai in discesa ma che ‘ ogni giorno ci ha visti si contare con grande angoscia tanti morti’. Una prova dura di fronte alla quale ‘ il nostro Servizio Sanitario Nazionale, così spesso denigrato, ha tenuto grazie all’impegno eroico di tutto il personale sanitario purtroppo già insufficiente prima della diffusione della pandemia. Un impegno doppiamente encomiabile – dice Saitta – anche perché, per evitare contagi, gli operatori sanitari si sono trovati soli di fronte al dolore e alla devastazione dei corpi dei pazienti’.
Ma non basta il giusto encomio al personale sanitario. Al termine dell’emergenza dovrà aprirsi un dibattito sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale. E il libro di Saitta avanza alcune proposte concrete.
‘ Con il coronavirus – sostiene l’autore – gli italiani hanno percepito il valore del Sistema Sanitario Nazionale come mai prima . Bisogna rimettere al centro del dibattito il potenziamento del SSN attraverso un piano straordinario di formazione di medici specialisti e poi con una crescita consistente del fondo sanitario nazionale per finanziare assunzioni, potenziare la medicina territoriale, e per la costruzione di nuovi ospedali’.
Il governo dell’emergenza, secondo Saitta, ‘ è stato contraddistinto da una pluralità di centri decisionali nazionali e regionali non sempre capaci di coordinarsi e spesso in conflitto tra di loro’ e il decentramento territoriale della Sanità italiana ‘ invece di aiutare ha complicato il lavoro di chi si è trovato in prima linea nell’affrontare l’emergenza’. Di qui la considerazione: ‘ Sono un convinto regionalista ma serve qualche limite. L’organizzazione sanitaria deve sempre avere una visione nazionale, altrimenti diventa localismo.
L’emergenza, ‘ ha confermato quanto bisogno ci sia di uno Stato che riesca a coordinare i diversi sistemi regionali per garantire un servizio uguale a tutti. E in questo periodo la richiesta di autonomia differenziata da parte delle Regioni del Nord ha dimostrato tutta la sua debolezza Le regioni hanno già abbastanza potere in materia sanitaria e concedere ulteriori autonomie, come hanno chiesto alcuni territori del Nord, sarebbe pericoloso. Lo Stato, però, deve fare ciò che finora non ha fatto: prendere decisioni, anche impopolari, senza scaricare le responsabilità sui singoli governatori’ .
Altra considerazione: la necessaria corsa al potenziamento delle terapie intensive ha fatto trascurare, secondo Saitta, ‘ il ruolo degli ambulatori e l’attività dei medici di famiglia. Una medicina territoriale più strutturata e meglio equipaggiata sarebbe potuta andare fino a casa delle persone in quarantena per fare diagnosi e tamponi. Il guaio è che la sanità del nostro Paese ha un impianto “ospedalecentrico”, tanto che per qualunque patologia, anche le più semplici, bisogna sempre andare nei nosocomi. È un’impostazione che va superata, attraverso i medici di base e l’istituzione di case della salute, di strutture pubbliche con dottori, infermieri e un minimo di dotazione per l’attività diagnostica. Penso soprattutto ai tantissimi anziani che soffrono di malattie croniche: in fase non acuta, potrebbero essere seguiti in modo attivo, con chiamate e visite periodiche di controllo, senza saturare gli ospedali’. Resta il fatto che per potenziare la medicina territoriale occorrono più risorse che per Saitta ‘ potrebbero arrivare dal settore dei farmaci. In Italia usiamo i generici solo per il 25% del fatturato complessivo, mentre a livello europeo la media è del 40%, per non parlare dei medicinali sprecati, con oltre 1,5 miliardi di euro l’anno gettati nel cestino.Bisognerebbe fare gare d’appalto sui farmaci generici, e le confezioni per evitare sprechi, dovrebbero essere tarate in base alla prescrizione del medico: così, il sistema sanitario risparmierebbe tantissimo. E poi ci vorrebbe più concorrenza nel settore farmaceutico’.
BRUNO ANDOLFATTO