Smarino a Susa? I sindaci si ribellano
La società Telt, Tunnel Euralpin Lyon Turin, incaricata di scavare il tunnel di base del Tav cambia le carte in tavola”. E’ la considerazione di Pacifico Banchieri, condivisa dai sindaci della bassa valle, di fronte all’ipotesi confermata ieri in Regione di spostare da Salbeltrand a Susa l’area di scarico e di lavorazione della maggior parte del materiale di scavo del tunnel.
“Il sito di Salbertrand – aggiunge Banchieri – non sarà disponibile per larga parte degli anni di costruzione della Torino- Lione, almeno fino al 2024 e forse fino al 2027, perché già occupato da cumuli di materiali e rifiuti che necessitano di lunghe operazioni di rimozione e bonifica”. Secondo Telt invece “il cantiere é già previsto dal progetto del 2015 e la possibilità di utilizzare le aree di Susa per il deposito temporaneo di materiale inerte, è già contemplato nel progetto approvato dal CIPE“.
Ma i sindaci non ci stanno e
“chiedono il rispetto delle procedure e la tutela della salute dei cittadini. Il cambio di progetto richiede una Valutazione di impatto ambientale (Via), che certifichi la compatibilità ambientale del progetto”. L’Unione montana, aggiunge Banchieri, “ è contraria a questa variante che provocherebbe un incremento potenziale delle quantità di smarino scaricato a Susa 5 volte maggiore rispetto a quanto previsto dal progetto attuale”. In questo modo “crescerebbero gli impatti ambientali e sanitari del cantiere su tutta la bassa Val di Susa. Si parla di 6,5 milioni di tonnellate di materiale di scavo (anziché 1,4) da trasportare, scaricare, selezionare, lavorare e in parte inviare nelle discariche di Caprie e Torrazza Piemonte. Per questo Telt starebbe pensando di utilizzare Susa, con un movimento di decine di migliaia di camion e un impatto sulla viabilità e sull’inquinamento atmosferico della bassa Valsusa”.
Susa potrebbe diventare la sede di lavorazione di tutto il materiale di scavo del tunnel. Per i tecnici della Commissione Tav dell’Unione montana, “Telt è obbligata a effettuare una variante sul progetto definitivo, ma per fare questo è necessaria una Via con successiva autorizzazione del Cipe. La modifica di questo progetto richiede infatti necessariamente una Valutazione di impatto ambientale. Le varianti piccole possono infatti essere proposte al Ministero dell’Ambiente e gestite in autonomia.Diversamente sono necessarie una Via, una consultazione pubblica con conferenze di servizi e infine il parere del Ministero e del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Questa procedura, che l’Unione montana ritiene ineludibile, richiederebbe verosimilmente un iter di due-tre anni.