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Apnee del sonno, la cura è ad Avigliana

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Renata Enriù, manager almesina: “L’azienda, nata nel 2009, oggi conta trentacinque dipendenti”. Si chiama “Respiraire” si occupa di diagnosi terapia e attrezzature per dormire (e vivere) meglio.

AVIGLIANA Fino a undici anni fa lavoravo nell’area commerciale di una multinazionale specializzata in ossigeno, ventilazione e sonno. Ero sempre in giro per lavoro, prendevo tre aerei alla settimana. Poi c’è stata una riorganizzazione aziendale. Ho colto l’attimo per cambiare vita; desideravo intraprendere un’attività che mi consentisse di stare vicina a mia figlia..”.


A parlare è Renata Enriù, 53 anni, specialista in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, almesina ma originaria di Torino: “Quando mi sono sposata sono fuggita dalla città per andare ad abitare a Rivera; mi piaceva l’idea di vivere fuori dal caos cittadino e non tornerei mai indietro”.

Ma torniamo alla dimensione professionale. Nel 2009 la svolta; nell’ottobre di quell’anno Renata Enriù tiene a battesimo la società RESPIRAIRE, su mandato di un gruppo francese leader del settore. In questi anni l’azienda è cresciuta: “Abbiamo 35 dipendenti. Molti abitano qui, in valle e dintorni ma non mancano persone da altre zone d’Italia come un tecnico di Bologna che ha studiato nell’università di quella città, una delle migliori nel settore della medicina del sonno”.

APNEE DEL SONNO DA NON SOTTOVALUTARE

“RESPIRAIRE” sta per … “resp iratorio”; un nome che è tutto un programma. Mission della società, che ha sede ad Avigliana e che nel 2012 ha aperto una filiale anche a Milano, è quella di curare il sonno. Come? Con la prevenzione, la diagnosi, la terapia della Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (OSAS), una patologia caratterizzata da sonnolenza diurna e russamento notturno. Una “brutta bestia” verrebbe da dire con linguaggio efficace anche se poco scientifico dovuta a svariati fattori tra i quali obesità, disfunzioni dell’apparato respiratorio e persino abitudini alimentari.

“Nel paziente che soffre di OSAS – spiega Renata Enriù– il rilassamento dei muscoli durante il sonno provoca una contrazione delle vie aeree e il passaggio dell’aria viene parzialmente ostruito. Se il respiro viene interrotto per almeno dieci secondi si può già parlare di apnee e queste interruzioni determinano brevi e ripetuti risvegli di 2-3 secondi che impediscono al paziente di riposare in modo adeguato”.

Se la condizione diventa cronica possono esserci conseguenze cliniche serie: disturbi cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ictus. Per non parlare poi di altri effetti collaterali: disturbi della concentrazione, difficoltà nell’apprendimento e nella memorizzazione, sonnolenza diurna per cui guidare l’auto diventa un pericolo. Secondo le statistiche un malato di OSAS rischia incidenti stradali tredici volte più di un individuo sano.

COME RICONOSCERE I SINTOMI. LA DIAGNOSI

Ma come si fa a scoprire questo nemico della salute chiamato OSAS? “Imparando a riconoscere i sintomi, eventualmente con l’aiuto del partner. Gli indicatori notturni sono rappresentati da pause respiratorie nel sonno, russamento, improvvisi risvegli con sensazioni di soffocamento, frequenti cambi di posizione. Quelli diurni: sonno non ristoratore, sonnolenza, cefalea mattutina, calo di attenzione, di concentrazione, di memoria, irritabilità e ansia”.

Se questi sintomi vengono riscontrati il consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico e di farsi prescrivere un controllo che è possibile effettuare nella sede di Respiraire ad Avigliana, in viale M. Gandhi, 5 (tel. 011 9342196).

Ma la novità degli ultimi giorni si chiama “ MyPersonal-SleepTest”. Un metodo, spiega RenataEnriù, “che consente di monitorare la qualità del sonno e delle apnee notturne in totale autonomia, senza necessità di prescrizione, a casa e nella notte che il paziente preferisce”.

Con un piccolo apparato da polso, l’applicazione di un sensore al dito e di un altro al collo, MyPersonal-SleepTest registra sull’app dello smartphone del paziente respirazione, frequenza cardiaca, eventuali apnee notturne, posizioni, e altri parametri tipici delle tradizionali polisonnografie.

Ma rimane sempre valido il metodo “tradizionale”per la polisonnografia. L’azienda aviglianese consegna e applica l’apparecchiatura a domicilio.

“Un tecnico autorizzato si reca nell’abitazione del paziente per installare l’apparecchiatura ed istruirlo su come metterla in funzione al momento di andare a dormire. La mattina successiva torna per ritirare l’apparecchio ed estrarne il tracciato in formato digitale. Si tratta di un esame indolore, privo di controindicazioni, che consente di monitorare durante la notte numerose funzioni dell’organismo. Vengono registrati tutti gli eventi correlati alla regolarità del respiro, il battito cardiaco, il cambio di posizione del paziente, evidenziando le fasi di apnea, la loro frequenza e durata. Al mattino, indicando all’app la fine del test, i dati saranno automaticamente trasmessi su apposita piattaforma. Il tecnico di neurofisiopatologia provvederà a confermarne la validità e a registrarli”.

E se i dati rivelano anomalie?

“A quel punto il paziente può rivolgersi a uno specialista pneumologo o cercarne uno attraverso l’esperienza di Respiraire. Se la diagnosi dovesse riscontrare anomalie da curare, entra in campo la fase terapeutica, il cosiddetto trattamento ventilatorio a pressione positiva (CPAP) che deve essere prescritta da un medico specialistico”.

LA TERAPIA

Se, dopo la diagnosi polisonnografica, lo specialista prescrive il trattamento ventilatorio a pressione positiva (CPAP), il paziente dovrà dotarsi di un dispositivo che eroga un flusso d’aria che mantiene aperte le vie respiratorie. “ Respiraire – spiega Renata Enriù – configura l’apparato su misura delle esigenze del paziente. La gamma comprende l’autoCPAP (apparecchio che regola l’afflusso di ventilazione a seconda dell’andamento respiratorio del paziente durante la notte) e il Bilevel, un apparecchio che regola la pressione ventilatoria alternando inspirazione ed espirazione”.

L’azienda aviglianese “si fa carico del servizio di adattamento alla terapia. Tecnici specializzati installano e configurano gli apparati preparando il paziente all’uso e alla manutenzione quotidiana ed è previsto un periodo di affiancamento per accertare l’efficacia terapeutica”.

I dipendenti di RESPIRAIRE e il Covid



Come hanno reagito i dipendenti di Respiraire alla nuova ondata del Virus? “Con abnegazione e generosità”, risponde Renata Enriù. “Quando siamo entrati in zona rossa non avevamo indicazioni. Ai pazienti, a domicilio con le “macchinette”, abbiamo assicurato l’assistenza e ci siamo letteralmente “inventati“ le procedure per garantire sicurezza agli operatori e ai pazienti stessi. Abbiamo continuato a girare ospedali in tutta Italia. In alcuni casi abbiamo dato una mano mettendo a disposizione le nostre attrezzature”. Enriù mostra commossa il messaggio ricevuto qualche giorno fa da un medico: “Due vostri CPAP hanno salvato la vita a due persone. Vi ringrazio. Non lo dimenticherò”

Le apnee ostruttive possono aggravare la polmonite da Covid


Non si tratta di terrorismo psicologico e neppure di diffondere pericolose tendenze ipocondriache.

Il punto è un altro: essere consapevoli dei rischi. La domanda è precisa: una persona che soffre di apnee ostruttive che cosa rischia se contrae il Covid-19?

La risposta è semplice: le apnee ostruttive del sonno possono aggravare la polmonite da Covid. A dirlo è la dottoressa Elisa Perger, specialista in Medicina Interna del Centro di Medicina del Sonno del San Luca di Milano che ha presentato uno studio effettuato durante la prima ondata della pandemia.

Lo studio ha esaminato 46 pazienti, ai quali è stata effettuata una polisonnografia cardio-respiratoria durante la degenza in ospedale.

E’ emerso che, mentre nella popolazione generale, il problema delle apnee riguarda circa il 10-15% delle persone, nello studio del San Luca si è riscontrato che il 75% della popolazione ospedalizzata per Covid-19 presentava apnee del sonno. Inoltre, i pazienti che avevano apnee del sonno più gravi hanno anche presentato più frequentemente la necessità di supporto ventilatorio rispetto ai pazienti che avevano apnee del sonno meno grvi o che non ne avevano.

Lo studio ha anche dimostrato che i 2/3 dei pazienti analizzati avevano apnee del sonno non diagnosticate. Chi aveva apnee del sonno di tipo più grave, e non era in terapia per questo problema, ha avuto un peggior andamento della degenza in ospedale. Va da sè che una diagnosi accurata e tempestiva delle apnee del sonno in pazienti ospedalizzati per Covid-19 e il possibile trattamento delle stesse potrebbe migliorare l’esito dell’ospedalizzazione. Ovviamente serviranno altri studi su una popolazione più numerosa ed eterogenea al fine di confermare l’osservazione per migliorare la pratica clinica e la diffusione della diagnosi di apnee del sonno.

Bruno Andolfatto

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