Società & Cultura

0 0
Read Time:3 Minute, 59 Second

Allontanamenti zero”. Uno slogan che ha ispirato il disegno di legge, presentato un anno fa dall’assessore regionale Chiara Caucino con l’obiettivo di ridurre se non proprio di eliminare del tutto i provvedimenti che allontanano bambini e ragazzi da famiglie ove sono presenti gravi carenze educative e incuria, abusi e maltrattamenti, problemi psichiatrici e dipendenze.

La tesi sostenuta dall’assessore è che in Piemonte accadano troppi allontanamenti facili e che, spesso, alla base dei provvedimenti ci siano i problemi economici della famiglia di origine.

Tesi confutata dai gruppi di minoranza del consiglio regionale (Partito Democratico, Moderati, Liberi e Uguali, 5Stelle) che, dopo 12 mesi di indagine conoscitiva sulla tutela dei minori in Piemonte, hanno messo nero su bianco la loro relazione.

Per Monica Canalis, consigliera regionale Pd, “ le evidenze scientifiche che emergono dall’audizione di professionisti ed esperti in varie discipline mettono in luce che in Piemonte non esistono ‘allontanamenti facili’. E a dirlo sono i numeri”.

In tutto il Piemonte al 31 dicembre risultavano in carico ai servizi sociali piemontesi 60.068 minori, il 9% della popolazione minorile; il 96,44% era seguito in famiglia e fuori famiglia il restante 3,56%.

“Il sistema piemontese quindi dà priorità ai progetti di accompagnamento al disagio minorile all’interno della famiglia di origine e cerca di sostenere i genitori che fanno più fatica”, sostiene Canalis.. Di più; tra i minori seguiti “fuori” dalla famiglia, il 58,17% era riconducibile a minori stranieri non accompagnati, ad affidamenti intrafamiliari fino al quarto grado di parentela e ad affidamenti con il consenso della famiglia di origine del minore. Gli allontanamenti giudiziali dalla famiglia riguardavano il restante 41,83%, circa 1086 minori.

Anche tra i minori valsusini presi in carico dal Consorzio Conisa nel 2018, l’89% era oggetto di interventi e progetti di accompagnamento e supporto attuati con il coinvolgimento del nucleo famigliare, senza, quindi, essere allontanato dai genitori. Allontanamenti che, invece, riguardavano l’11% dei casi seguiti: “Una scelta dolorosa– faceva presente un anno fa il presidente del Conisa Paolo De Marchis – presa dopo aver esaminato a fondo la particolare gravità della situazione e che, comunque, in molti casi, prevede forme di rientro nel nucleo famigliare”.

Insomma, riprende Monica Canalis, “i servizi sociali e l’autorità giudiziaria privilegiano, come previsto dalla legge, l’accompagnamento in famiglia dei minori in difficoltà. E quando le condizioni costringono a seguirli fuori dalla famiglia, lo si fa cercando il consenso della famiglia stessa e, se possibile, cercando risorse tra i parenti. E’ quindi del tutto improprio e scorretto parlare di giudici e assistenti sociali che cercano di strappare i bambini alle famiglie”.

Poi certo, gli allontanamenti ci sono “ma non avvengono mai per le ristrettezze economiche dei genitori. Le cause sono di altra natura e ben più gravi”. Insomma, l’allontanamento è l’estrema ratio quando non vi sono altre alternative: “ semmai il problema è che troppo spesso arriva tardi, quando il trauma fisico e psicologico nel minore è ormai troppo profondo ed è quindi difficile da rimediare e da curare”.

E la colpa di chi è, degli operatori?

“No di certo – spiega Canalis -; in Piemonte il sistema socio assistenziale non è malato ma è affaticato. Gli operatori sociali e sanitari, gli psicologi, gli insegnanti e gli educatori si trovano con una mole eccessiva di lavoro, sono sovraccarichi e non sempre riescono ad arrivare in tempo quando è necessario mettere in protezione il minore. Non possiamo quindi parlare di allontanamenti e affidi facili; semmai di interventi tardivi”.

Poi ci sono le nuove emergenze.

“Negli ultimi anni sono emerse altre variabili come le separazioni conflittuali (che non sono certi prerogativa dei poveri); le situazioni di difficoltà relazionali, le povertà di carattere culturale (non economica); le situazioni di disagio psichico, le dipendenze. E sono soprattutto questi i fattori che incidono sugli allontanamenti, non la mera povertà economica”.

Quindi? “Servono proposte operative e noi le abbiamo avanzate nella nostra relazione. Non serve a nulla, anzi è dannoso denigrare il lavoro faticoso, svolto spesso in condizioni al limite, da assistenti sociali , psicologi, neuropsichiatri infantili, educatori e operatori dei tribunali. Bisogna lavorare per rafforzare le capacità genitoriali delle famiglie più vulnerabili, rafforzare i servizi sociali sanitari ed educativi, coinvolgere gli insegnanti e le scuole nella segnalazione delle situazioni di disagio dei minori”.

E, last but not least, le riforme (come le nozze) non si fanno con i fichi secchi ma con le risorse. “Non basta dire: lasciamo i bambini in famiglia; per poter aiutare i genitori e ridurre il numero di allontanamenti sono necessari – sostengono le minoranze del consiglio regionale – più assistenti sociali, più educatori, più psicologi, più neuropsichiatri infantili e anche più progetti specifici. Ma per poter fare tutto questo bisogna stanziare fondi. Cosa che il disegno di legge ‘allontanamento zero’ si guarda bene dal fare

Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleepy
Sleepy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *