Società & Cultura

14 luglio 1991. Giovanni Paolo II a Susa. La giornata col Papa di Sabrina e Bruno

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Il nostro è il racconto di una coppia che, quel 14 luglio del 1991, “stava insieme“ da due anni. Eravamo fidanzati? Vista oggi, con 22 anni di matrimonio alle spalle e (speriamo) tanti altri davanti a noi, la risposta è affermativa. Già, perché quella giornata storica ci vide insieme, ma con ruoli del tutto diversi.

IL RACCONTO DI SABRINA FARCI

Nell’estate del ’91 avevo 21 anni e facevo parte nel gruppo dei giovani che, da mesi, preparava ogni dettaglio dell’organizzazione dell’incontro con i giovani, previsto nel pomeriggio del 14 luglio nell’arena romana di Susa. Le mie emozioni, quindi, non si esauriscono in quei momenti fortissimi ma comprendono tutto il periodo precedente.

A occuparsene fu l’Ufficio Diocesano di Pastorale Giovanile, con don Daniele Giglioli, don Luigi Chiampo, i rappresentanti dell’Azione Cattolica, dell’Agesci, della Gioc, dei gruppi parrocchiali. Tra le varie incombenze c’erano quelle meno “spirituali” ma assai concrete, di allestire il servizio d’ordine, di stabilire un sistema efficace per assegnare i “pass” e distribuire gli spazi nell’arena.

QUEL DISCORSO SCRITTO, CORRETTO E RISCRITTO PIÙ VOLTE

In più c’era il discorso da fare al Papa. Lo abbiamo preparato molto tempo prima della visita. Ne abbiamo parlato, lo abbiamo imbastito, poi messo nero su bianco in bella copia e inviato al Vaticano. Poi l’ abbiamo ancora rivisto, inviato un’altra volta e ancora corretto.

QUANDO MI DISSERO: “TOCCA A TE PARLARE DAVANTI AL PAPA”

A quel punto si trattava di decidere a chi toccasse leggerlo. Ci siamo guardati in faccia e qualcuno, non ricordo più chi, ha proposto che lo leggessi io. La cosa all’inizio se non proprio spaventata mi aveva un po’ …. scoraggiata.

Mi domandavo se davvero ero degna di avere questo ruolo in un momento così importante. Ne parlai con alcune persone che, in quel periodo, per me erano riferimenti importanti: don Daniele Giglioli, Piero Del Vecchio (insieme al quale, con un gruppo di giovani, stavamo cercando di dar vita a un’esperienza con la Gioc, la Gioventù Operaia Cristiana) e con Suor Angelina Cavarzan. Tutti mi incoraggiarono, aiutandomi a vincere le mie resistenze.

Poi venne il momento fatidico. Domenica 14 luglio, pomeriggio.

L’ATTESA DEI GIOVANI NELL’ARENA

Che dire? L’emozione era davvero tanta e la vivevo insieme ai tremila giovani assiepati nell’arena. Sentivo crescere di minuto in minuto l’attesa di vedere il Papa, di sentire le sue parole ai giovani valsusini. E poi c’era l’emozione per quel discorso che dovevo leggere davanti al Papa e per quei pochi istanti nei quali lo avrei incontrato di persona.

A condividere la “fatica” di leggere quel discorso insieme a me c’era anche Gian Mario Martra, un giovane che é scomparso nei mesi scorsi e che ricordo come una persona mite, disponibile, dotato di un certo senso dell’umorismo.

Al Papa, io e Gian Mario, raccontammo i problemi e le attese dei giovani valsusini, anche di quelli che faticano a “entrare” nelle nostre chiese, dei giovani lavoratori e dei giovani che invece un lavoro non ce l’hanno o lo cercano senza trovarlo.

IL CAPPELLINO E IL BACIO DEL PAPA SULLA FRONTE

Terminato il discorso io e Gian Mario andammo incontro al Papa per salutarlo. Mi avvicinai. Lo vidi come una figura paterna, quasi come un nonno. Avevo in mano un cappellino, uno dei tanti che “coloravano” l’arena. Feci per metterlo in testa al Papa che si inchinò e accettò il dono. Poi mi prese le spalle, mi avvicinò a lui e mi diede un bacio sulla fronte. Poi mi donò un Rosario. Un incontro rapido, durato pochi secondi, non ricordo neppure se il Papa mi disse qualcosa, l’emozione era davvero tanta…”

IL RACCONTO DI BRUNO ANDOLFATTO

In quel periodo lavoravo a due passi dalla Valle di Susa, a Rivoli; qui dirigevo un settimanale, Tantecittà, che copriva la cintura ovest di Torino. Comuni grandi, complessi, con le caratteristiche dei grandi centri, dove il senso di comunità tende a perdersi. Il Papa che veniva a Susa toccava il mio essere valsusino e riguardava un territorio vicino, con parecchie relazioni con quello che copriva il giornale che dirigevo.

In redazione ci chiedemmo: che facciamo, lo seguiamo o no questo fatto storico? Risposta affermativa.

Uscimmo quindi l’11 luglio con una pagina dedicata all’imminente evento. Titolo: “Conto alla rovescia, a Susa arriva Papa Wojtyla”, con tanto di intervista all’allora vescovo di Susa mons. Vittorio Bernardetto e tutto quanto occorreva sapere per seguire la visita di Giovanni Paolo II in terra segusina. Poi si trattò di scegliere la “squadra” che doveva seguire l’evento. Insieme

a me, il 14 luglio, salirono a Susa Mariangela Masino, Eleonora Ruggiero e un fotografo coi fiocchi, Giancarlo Rodino.

Ricordo il viaggio in treno, mezzo ideale per arrivare sul luogo dove l’elicottero con Papa Wojtyla sarebbe poi atterrato: il campo sportivo che allora sorgeva a pochi passi dalla Stazione Ferroviaria.

Ricordo il vento forte (prodotto tipico valsusino) che fin dal mattino, accompagnò la giornata segusina del Papa e che impedì a Giovanni Paolo II, mentre arrivava a Susa in elicottero. di vedere da vicino la vetta del Rocciamelone con la statua della Madonna..

Ricordo le autorità che attendevano il papa per il primo saluto: il vescovo mons. Bernardetto, il sindaco di Susa Germano Bellicardi, il ministro dell’industria Guido Bodrato.

Ricordo l’elicottero quando atterrò nel campo sportivo e poi Giovanni Paolo II in piedi sulla papamobile che attraversava le vie della città tra i battimani, le ovazioni e l’entusiasmo della gente.

Tutto troppo bello al punto da non sembrare vero.

QUEL SERVIZIO D’ORDINE UN PO’ TROPPO … RUVIDO

Un po’ meno gratificante, invece, per i giornalisti, il servizio d’ordine severo oltre ogni limite. Chi scrive aveva un pass che, in linea teorica, consentiva di rimanere “al seguito” del Papa. Il desiderio era quello di vivere l’intera giornata a pochi metri dal Santo Padre. Ma la ruvidezza delle forze di sicurezza trasformarono il desiderio in una pia illusione.

DOPO QUELLA GIORNATA FINÌ L’AVVENTURA DEL GIORNALE

Tantecittà raccontò quella straordinaria giornata in uno speciale di 4 pagine che ancora oggi mi capita di sfogliare con un pizzico di nostalgia. E poi, dettaglio alquanto triste, quello fu il penultimo numero della storia, un po’ travagliata, di quel giornale.

Qualche giorno dopo, infatti, l’editore decise di scrivere la parola “fine” a quell’avventura editoriale consentendo l’uscita solo di un altro numero per salutare i lettori.

Al gruppo che ogni settimana costruiva il giornale rimase, come consolazione (e soddisfazione) quella di aver seguito e raccontato la giornata segusina di un Papa poi diventato Santo.

E dopo? Gli anni sono passati, la vita è proseguita. Da fidanzati, nel 1999, siamo diventati sposi e poi mamma e papà di una bimba, Fernanda, oggi diciottenne. Sabrina è psicologa e psicoterapeuta, Bruno è redattore a La Valsusa.

DA GIOVANNI PAOLO II A PAPA FRANCESCO

Con il Papa però il conto è rimasto, per così dire, aperto. Tanto che il 23 settembre 2019, grazie all’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana), abbiamo avuto la gioia e l’emozione di ascoltare e di salutare insieme di persona, Papa Francesco in un’udienza nella sala Clementina del Vaticano.

Ma questa è un’altra storia….

Sabrina Farci e Bruno Andolfatto

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