Da Mocchie al Collombardo per arrivare a un passo dal cielo
Viaggio nelle borgate montane di Condove
Mocchie e Frassinere (Comuni fino al 1936), e poi: Bonaudi, Muni, Laietto, Prarotto, Magnotti, Garneri, Pratobotrile, Borlera, Giagli, Pralesio, Calcina, Sigliodo, Bellafugera, Garneri-Magnotti. Sono solo alcuni nomi delle borgate che si incontrano salendo le strade e i sentieri nei circa 72 km quadrati del territorio Condove (per il 94% montano). Si fa fatica perfino a contare quante siano: chi dice 80, chi 90 e chi arriva a sfiorare addirittura quota 100. Il tutto “protetto” più in alto (a 1898 m.) dalla Madonna degli Angeli, cui è dedicato il santuario del Collombardo mentre il punto più elevato della montagna condovese è rappresentato dalla Punta Lunella (2.772 m).
(foto Giorgia Allais)
Un territorio ampio. “Impossibile ricordare a memoria tutti i luoghii– dice l’assessore alla montagna Susanna Riva – e per descrivere tutto servirebbe un’enciclopedia”.
Ma se riavvolgiamo il nastro della storia e lo facciamo tornare al 1901, scopriamo che in queste borgate vivevano stabilmente 4.340 persone, contro i 1.226 del capoluogo Condove posto a fondovalle. Gente che viveva coltivando segale, grano, mais, castagne, mele, orzo, avena, legumi, canapa, ciliegie, pesche, uve da vino; e che allevava vacche (per produrre il latte e, soprattutto, la celeberrima “Toma di Condove”) ma anche montoni, capre, pecore, maiali, bachi da seta, galline. Non solo; i monti condovesi vedevano i bambini frequentare 12 scuole e i fedeli frequentare quattro parrocchie.
A un certo punto la storia cambiò il suo corso; a Condove arrivarono le Officine Moncenisio e altre fabbriche nei paesi del fondo valle. Molti scelsero la vita dell’operaio, meno faticosa (almeno così sembrava…) della montagna andando a lavorare alla “Monce” e in altre manifatture locali. Altri emigrarono un po’ ovunque, addirittura alcuni oltrepassarono l’Oceano per cercare fortuna in America. Così la montagna condovese, un po’ per volta, iniziò a spopolarsi, anche se non del tutto, visto che oggi un gran numero di borgate montane continua ad essere abitato da chi, da questi luoghi, proprio non vuole saperne di staccarsi o da chi, invece, ha deciso di fuggire dalla città per venirsi a stabilirsi recuperando vecchie case per respirare “aria buona” e ogni giorno scende al mattino e risale la sera dopo una giornata di lavoro; oppure, ancora, da chi ha comprato su questi monti un’abitazione per trascorrere “al fresco” i week estivi e le ferie.
Così oggi Condove è un paese che (nonostante il 90% degli abitanti “occupi” solo il 10% del territorio, cioè al capoluogo nel fondovalle) continua ad avere il cuore in montagna. Qualche esempio ce lo offre Susanna Riva, citando realtà come “il Museo Etnografico ‘Gente di Montagna’ ospitato nell’ex comune di Mocchie, frazione che è una delle poche, in Valle di Susa (e non solo), a tenere aperta e aggiornata una biblioteca; e poi il monumento alla civiltà alpina collocato proprio sul piazzale della chiesa di Mocchie”, una scultura opera di Tarcisio Manassi, che rappresenta una donna, curva sotto il peso di una gerla.
Testimonianze di gente di montagna che non intende cedere allo spopolamento, che rimane radicata sul suo territorio e dà vita anche a imprese economiche e commerciali, come il “Forno di Mocchie” che produce ottimo pane, in gran parte frutto della trasformazione del grano coltivato e raccolto nei campi della borgata.
Poi c’è la ristorazione che, da queste parti fa rima con… aggregazione; è un esempio l’Osteria di Frassinere dove l’enogastronomia va a braccetto con la socializzazione. E qui Susanna Riva ha un ricordo personale: “Ci ho lavorato come cameriera da quando avevo 18 anni fino a quando ne ho compiuto 34 e ho ancora in mente i racconti delle storie di montagna che facevano gli anziani”.
La ristorazione, sui monti condovesi, trova altri punti di sollazzo enograstronomico e di vita sociale a Mocchie (La Trattoria del Sole), a Pratobotrile (la Trattoria dei Prati), a Prarotto (Bar Ristorante).
Da non dimenticare l’Azienda Agricola La Calcina che, spiega Riva, “pur non essendo (purtroppo) ancora raggiungibile da una strada carrozzabile è meta di molti visitatori (e clienti) che arrivano a piedi e che offre anche la possibilità di visite guidate”.
C’è poi da dire che la montagna di Condove offre parecchie opportunità non solo per le mandibole e le papille gustative ma anche per le attività sportive e, più in generale, dell’outdoor.
“Il Collombardo è da sempre luogo di richiamo, molto gettonato dal turismo ciclistico e motociclistico non solo italiano ma europeo e soprattutto tedesco. Spesso, prima di arrivare, fermarsi al colle e scendere nella confinante Val di Viù, i moto-ciclo turisti fanno tappa all’Alpeggio Comunale de La Comba di Matolda dove possono trovare la ‘toma’, il tipico formaggio condovese e valsusino”.
Proposte turistiche che il Comune vuole potenziare e promuovere. “A breve usciranno le mappe dedicate alla montagna di Condove e alle passeggiate a piedi con la descrizione di tutti i sentieri, le possibilità di praticare l’arrampicata e (d’inverno) lo sci alpinismo. In più saranno installati nelle borgate pannelli illustrativi sulla storia dei luoghi e sulle varie opportunità turistiche offerte dal territorio”.
Perché la montagna non è (solo) un costo per le manutenzioni da eseguire e i servizi da erogare ma è può diventare una risorsa.
Bruno Andolfatto