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Chiude il Bianco per tre mesi, ondata di Tir prevista su tangenziale di Torino e autostrada del Frejus mentre la ferrovia internazionale è bloccata. Rischio ‘tempesta perfetta” sui valichi alpini

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Temuta, sottovalutata ma perfetta. E’ la tempesta che rischia di abbattersi sui valichi dell’arco alpino e, in particolare, sul Frejus. Tempesta perfetta, perché interessa sia il traffico merci e passeggeri autostradale sia quello ferroviario.

La prima perturbazione è prevista a partire da lunedì 16 ottobre quando chiuderà il traforo del Monte Bianco . Una chiusura motivata con la necessità di procedere con i lavori per sistemare la volta della galleria. Tre mesi di stop che, tra l’altro, si ripeteranno ogni anno, nel periodo autunnale, per ben 18 anni.

Conseguenza inevitabile: il traffico del Bianco si riverserà sugli altri valichi e in particolare si dirigerà verso il traforo autostradale del Frejus e, quindi, sulla tangenziale di Torino e sull’autostrada che attraversa la valle di Susa.

Una chiusura, quella del Bianco, che sarebbe dovuta avvenire il 4 settembre e che è stata ritardata a causa della frana caduta in Francia verso le 17 del 27 agosto nella vallata della Maurienne sul territorio comunale di Sant-André. Le stime riferiscono di uno smottamento di circa 10 mila metri cubi di materiale e di altri 3 mila metri cubi ancora ‘appesi’ al versante che, dall’alto, continuano a minacciare il fondo valle. La frana, documentata da un video impressionante, precipita sulla linea ferroviaria del Frejus e sulla vicina autostrada.

Il traffico autostradale viene riaperto dopo qualche settimana ma, lungo i tre-quattro km del tratto interessato dalla frana, è limitato a due corsie (una per direzione) sulle quattro normalmente in funzione. Ed è proprio questo uno dei punti critici, un vero e proprio ‘tappo’, con cui si troverà a fare i conti il traffico, pesante e leggero, in aumento a causa della chiusura del traforo del Monte Bianco.

Ma il problema più grave riguarda la ferrovia. Il traffico sulla linea internazionale ‘storica’ nella Maurienne è interrotto dal giorno della frana e nei giorni scorsi, le autorità francesi hanno riferito che il ripristino non sarebbe potuto avvenire prima dell’estate 2024. Una previsione che ha provocato la reazione della Giunta della Camera di Commercio di Torino che in una nota ha messo in rilevo che “ con il blocco dei Tgv e dei Freccia Rossa oltre che di 170 treni merci settimanale, è facile prevedere gravi ripercussioni per il territorio, con un aumento notevole del traffico su gomma e una conseguente congestione del traffico. Occorre quindi fare tutti gli sforzi necessari affinché i lavori di ripristino della linea vengano accelerati per risolvere un problema che non si limita solo alla regione francese coinvolta, ma impatta fortemente su tragitti di lungo raggio tra due Paesi”.

Senza una rapida riapertura della linea ferroviaria, le migliaia di passeggeri del TGV e del Frecciarossa tra Parigi e Milano, così come i treni merci, dovranno trovare altre soluzioni, “ e piuttosto che lunghe e costose deviazioni ferroviarie attraverso la Svizzera“, spiega ancora la Camera di Commercio torinese, “ la maggior parte dei flussi si rivolgerà logicamente all’aereo e soprattutto alla strada, con più camion, pullman e auto sulle autostrade alpine già trafficate e una bolletta del carbonio che promette di essere ripida. Soprattutto la valle della Maurienne sarà particolarmente esposta data la chiusura del tunnel stradale del Monte Bianco dal 16 ottobre al 18 dicembre per importanti lavori di ristrutturazione e manutenzione”.

Uno spiraglio su un possibile anticipo dei tempi di riapertura della linea ferroviaria é arrivato dopo il sopralluogo effettuato lunedì 10 ottobre dal presidente della commissione intergovernativa sulla Torino-Lione Paolo Foietta insieme alla collega Josiane Beaud. “ La galleria paramassi non risulta lesionata – spiega Foietta – ma il problema è mettere in sicurezza il versante della frana rimuovendo il materiale che minaccia di cadere nel fondovalle; durante il sopralluogo gli esperti hanno confermato che l’operazione di disgaggio mista manuale e meccanica è fattibile”. A quel punto il ripristino della ferrovia potrebbe avvenire tra febbraio e marzo, in largo anticipo sull’estate 2024.

A questo punto il problema da tecnico diventa politico e per questo Foietta ha inviato un’informativa al Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che, nei prossimi giorni, dovrebbe interloquire con il ministro francese Clément Beaune.

Per Foietta “ bisogna accelerare. L’intervento di messa in sicurezza non è più rinviabile e l’Italia può dare una mano mettendo a disposizione i suoi tecnici. Bisogna fare in fretta e bene”.

Ma c’è di più. Per Foietta occorre andare oltre il problema contingente e guardare avanti. “ Il punto è che il sistema dei valichi alpini sta rivelando una fragilità preoccupante che i cambiamenti climatici in atto rischiano di aggravare. Fenomeni come la frana in Maurienne dell’agosto scorso rischiano di ripetersi altre volte, anzi qualcosa del genere era avvenuto non lontano da quel luogo nel 2018 e anche allora la ferrovia venne chiusa. Ed è illusorio pensare che le gallerie paramassi proteggano le infrastrutture”.

La soluzione, per Foietta, è una: il tunnel di base della nuova ferrovia Torino-Lione.

Quello, piaccia o no, è il sistema più sicuro”. Una soluzione, aggiunge Foietta, “ che si sarebbe potuta attuare con vent’anni di anticipo se solo ci fosse stata maggiore attitudine all’ascolto, un’adeguata attenzione progettuale e anche una più efficace politica compensativa-risarcitoria per contrastare ( allusione al movimento No Tav, ndr) il più longevo movimento anti-Stato a trazione radical-antagonista”.

E sulla chiusura del Monte Bianco? Non è assurdo pensare di chiuderlo per tre mesi all’anno nell’arco di 18 anni? “ Sì”, è la risposta. “Certo gli interventi per rinforzare la volta del tunnel fanno fatte. E’ una questione di sicurezza. Ma la strada migliore sarebbe quella di realizzare la seconda canna del Traforo del Bianco; con le nuove tecnologie si può fare in 3-4 anni. A quel punto, una volta operativa, si può fare l’intervento di manutenzione sulla vecchia canna senza chiudere il traforo”.

E cosa impedisce di realizzare la seconda canna? “ Resistenze locali, soprattutto. La Valle d’Aosta e, dall’altra parte, i francesi si sono sempre detti contrari considerando quell’area non come un corridoio di passaggio ma un‘enclave turistica da tutelare. Ora però la valle d’Aosta ci sta ripensando e qualche ripensamento sembra esserci anche sul versante francese”.

Insomma, il fantasma di una “tempesta perfetta” sul sistema dei valichi alpini va allontanato. “ Ne va della sopravvivenza della nostra economia – spiega Foietta – perché siamo un Paese che importa materie prima, le trasforma per poi esportare merci all’estero. Se dovesse collassare il sistema dell’arco alpino sarebbe una tragedia. Basti pensare che nel solo 2021 tra Italia e Francia sono transitate 43 milioni tonnellate di merci su strada e quasi 3 milioni e mezzo su ferro e il nostro obiettivo, ora bloccato dalla ferrovia interrotta, è spostare quote significative di merci sui treni”.

Una ‘tempesta perfetta’ che è sempre dietro l’angolo: chiusura del Bianco e aumento del traffico sul Frejus; autostrada francese ridotta a due corsie per lo stesso problema (la frana) che ha determinato lo stop alla ferrovia fino al 2024 e vedremo in quale mese riaprirà. Ancora: il Gottardo azzoppato a causa di un incidente avvenuto nei mesi scorso e il Brennero alle prese con il contingentamento imposto dagli austriaci. Il rischio che i trasporti vadano in tilt è reale. “ Bisognerebbe creare – conclude Foietta – un coordinamento sovranazionale, un tavolo di pilotaggio, una regia unica per coordinare le politiche dei trasporti sui valichi alpini. La Commissione Europea dovrebbe ragionarci seriamente”.

Bruno Andolfatto

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