Padri adottivi: come insegnare a volare
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Sabato 23 marzo. La sala consiliare di Almese é riempita da una cinquantina di persone in ascolto dello psicologo Daniele Pallone. Sono tutte coppie di genitori adottivi. Sbirciamo negli appunti.
Punto n° 1. Genitori biologici o no siamo tutti mamme e papà adottivi. Sembrerà strano ma è proprio così, oggi più che mai. Non basta un atto a determinare la genitorialità ma ci vuole molto di più. L’adozione, appunto. Un concetto che i genitori adottivi propriamente detti hanno quasi conficcato nella testa, perché per loro la scelta di “avere” un figlio è stata generata spesso dalla sofferenza di non farcela a procreare “naturalmente”. E la genitorialità e la figliolanza sono nati dall’incontro di due sofferenze: l’infertilità da una parte, l’abbandono dall’altro.
Punto n° 2. A prestare le parole è lo psicologo Daniele Pallone, presidente del Centro Studi “Il Melo” di Torino: “L’adozione? E’come una peperonata; molto buona, certo. Ma non la digerisci mai”.
Tradotto: il passato più o meno traumatico del figlio adottato, in qualche modo ritorna sempre, anche quando meno te lo aspetti, in ogni stagione della vita: infanzia, adolescenza e anche dopo. Che è un po’ come dire: non si smette mai di essere genitori adottivi.
Detto così sembrerebbe una condanna. Tranquilli, non lo è; sempre che papà e mamma abbiano a disposizione una cassetta degli attrezzi fatta di pazienza, ascolto, tolleranza, dialogo, apertura, disponibilità.
Semplice a dirsi. Poi c’è la realtà. Che è quella che emerge dagli incontri per genitori adottivi messi in piedi dal Centro per le Famiglie diffuso valle di Susa (nato su iniziativa del Conisa) con il “Il Melo”.
A condurre l’incontro di sabato 23 con Daniele Pallone c’è Silvia Benna, coordinatrice dell’equipe affidi e adozioni del Conisa.
L’adozione è una strada, anzi un viaggio affascinante, non privo di difficoltà, di ostacoli, di imprevisti. E proprio la data scelta per l’incontro (qualche giorno dopo la festa del papà) ha favorito la riflessione sul ruolo della figura paterna nell’avventura adottiva. Già, perché a volte, sostiene Pallone, “i padri rischiano di essere messi un po’ in secondo piano e di vivere l’adozione con un ruolo marginale”.
Errore, perché invece la figura maschile è importante e “ non può permettersi di stare in un angolo, da una parte”.
Soprattutto quando il bambino adottato, per la sua storia, i comportamenti a volte aggressivi, rischia di essere vissuto come “minaccioso” e di mandare in crisi i genitori, la mamma in particolare e poi la coppia stessa.
E’ qui che deve scattare “il ruolo del padre, capace essere il contenitore delle ansie della propria compagna, di accogliere le sue fragilità e di sostenerla” e poi di “accompagnare il figlio sulla strada dell’autonomia, insegnandogli a volare”. Tutto con i limiti di chi si avvia su un sentiero complicato e faticoso. E qui un’altra metafora di Pallone: “ Essere padre adottivo è un po’ come l’obbligo di farsi la barba. Non conta radersi perfettamente ma farlo tutti i giorni”, o quasi.
Il prossimo incontro dedicato ai genitori adottivi sarà dedicato alla scoperta della dimensione affettiva e sessuale, la data: mercoledì 8 maggio, sempre ad Almese.
BRUNO ANDOLFATTO