Ecco i nuovi distretti. Non di solo ospedale vive la sanità
Sindaci, Comuni e Comitati pronti a tutto, o quasi, pur di difendere l’ospedale sotto casa. E poi le proteste, più o meno clamorose, per i Pronto Soccorsi intasati che costringono a lunghe e snervanti attese. Situazioni viste, riviste e commentate. Polemiche che ritornano. Da qualche giorno, però, dalla Regione arriva un messaggio: non di solo ospedale vive la sanità e nemmeno di… Pronto Soccorso.
A sostenerlo, in particolare, è l’assessore regionale alla sanità
Antonio Saitta |
Antonio Saitta che nei giorni scorsi ha depositato il nuovo piano per l’assistenza territoriale.
In fondo è una vecchia idea, sostenuta da molti ma mai attuata fino in fondo: quella di non mettere più i presidi ospedalieri al centro dell’attenzione (e della strategia) ma una rete di servizi distribuita sul territorio.
L’analisi dell’assessorato regionale parte proprio dai pronto soccorso “Ogni anno – si legge in un comunicato regionale – i passaggi nei pronto soccorso sono in Piemonte 1.768.800, di cui 1.601.335 (cioè il 90.54%) sono codici bianchi e verdi (dati 2013) e solo il 10% dei passaggi nei pronto Soccorso è seguito da ricovero”.
Per l’assessorato una cosa è chiara: “E proprio nel 90,54% di codici bianchi e verdi degli accessi al Pronto Soccorso che va ricercata l’inappropriatezza della risposta alle necessità dei pazienti. Si tratta infatti di casi che si recano al Pronto Soccorso perché non trovano altre risposte sul territorio (fine settimana, orari serali e notturni, festività …)”.
E i ricoveri ordinari? I dati piemontesi (senza tenere conto dell’attività di day hospital) dicono che in un anno ci sono stati 492.399 ricoveri, di cui il 47, 19% in urgenza. Mentre, tra i pazienti ricoverati, quelli di età compresa fra i 70 e i 90 anni e oltre sono ben 193.605, cioè il 40% del totale.
Ad oggi solo lo 0.73% di loro dopo il ricovero intraprende un percorso di assistenza domiciliare integrata, ancora meno usufruisce dell’ospedalizzazione a domicilio (0.19%), il 54.2% viene ricoverato nelle RSA-residenze sanitarie assistenziali ed il 7.3% viene destinato al percorso di riabilitazione.
Circa l’80% dei pazienti anziani, dopo il ricovero in ospedale fa ritorno a casa. Per l’assessorato regionale alla sanità “questo vuol dire che persone molto anziane vengono sempre più spesso ospedalizzate, mentre un’efficace e diversa azione mirata di prevenzione e cura domiciliare potrebbe avere grande efficacia per loro e per le loro famiglie, ma farebbe anche registrare un beneficio per le casse della sanità piemontese”.
Sono questi i motivi che hanno spinto l’assessore regionale alla sanità Antonio Saitta a elaborare il nuovo piano per l’assistenza territoriale. “Il modello organizzativo che la Regione Piemonte affianca alla revisione della rete ospedaliera – spiega Saitta – parte dalla programmazione e dal governo della rete dei servizi già presenti sul nostro territorio. Per rendere concreta l’integrazione tra ospedale e territorio e garantire la continuità assistenziale in tutte le fasi del percorso di salute, dobbiamo evitare dispersione organizzativa, sovrapposizione di competenza, ma soprattutto dobbiamo partire dal rilancio del Distretto cui attribuire vera responsabilità di governo della rete territoriale. Lo intendiamo come il distretto della salute e della coesione sociale, cui afferiscono le istituzioni che hanno la responsabilità dei servizi sanitari (ASL) e le istituzioni che hanno la responsabilità dei servizi sociali (i Comuni nella forma associata), in cui si costruisce un modello forte ed omogeneo per la gestione dei servizi ad integrazione sociosanitaria (in cui ASL e comuni devono operare congiuntamente e in un rapporto paritario e trasparente); in cui si costruisce una vera rete integrata con il vasto mondo del volontariato e del terzo settore”.
Ogni Distretto avrà una dimensione tra gli 80 e i 150 mila abitanti, coinciderà con l’ambito territoriale dei Consorzi socio assistenziali, ma si terrà conto delle specificità delle aree montane a scarsa densità abitativa. Se questa linea sarà seguita in Valle di Susa, il Distretto Sanitario coinciderà, in sostanza, con il dimensionamento territoriale del Conisa, il Consorzio dei Servizi Sociali che aggrega i comuni dell’Alta e della Bassa Valle di Susa
“Avremo ragionevolmente un numero di Distretti che oscilla fra i 30 e i 35” dice Saitta che aggiunge: “Nel piano per il rilancio della rete di assistenza territoriale, il Distretto viene individuato come braccio operativo delle Asl, responsabile per il governo della rete territoriale che comprende sia le cure primarie, sia le strutture intermedie (i cavs, gli ospedali di comunità), sia la rete socio sanitaria dei servizi domiciliari, residenziali e semiresidenziali gestita in raccordo con il sistema dei servizi sociali”.
Il rilancio della rete territoriale passerà dalle AFT, le aggregazioni funzionali territoriali gestite dai medici di medicina generale (tra i 15 e i 20 medici per ciascuna AFT) con il supporto di infermieri ed assistenti sociali: loro compito la presa in carico globale del paziente (non più di 30mila assistiti in tutto) sia per la sua salute che per il necessario supporto sociale alle famiglie. Utilizzeranno le risorse tecnologiche delle centrali uniche di riferimento per l’assistenza primaria, diventeranno punto di riferimento della popolazione anche per l’accesso alle prestazioni ospedaliere e di specialistica ambulatoriale, ma anche per le necessità di assistenza domiciliare.
L’altro punto di forza dovranno essere le UCCP- unità complesse di cure primarie: ogni distretto ne avrà al massimo 2, saranno centri multi professionali (di fatto l’evoluzione degli attuali CAP già sperimentati sul territorio) composti da medici specialisti, pediatri e medici di medicina generale e saranno aperti 24/24.
Nel rilancio della rete territoriale, la Giunta regionale ridisegna anche le struttura complesse delle Aziende sanitarie: oggi a livello territoriale ci sono 543 strutture complesse tra amministrative (257) e sanitarie (286 ad esempio Spresal, Igiene pubblica, Medicina legale, Servizi farmeceutici etc) ma saranno ridotte in modo considerevole partendo dai Dipartimenti amministrativi che saranno sostituiti da strutture semplici: le strutture complesse non potranno essere- in totale- più di 318 in tutto il Piemonte.