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Chiomonte, se i lavoratori hanno paura…

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L’ultimo episodio poco più una settimana fa. Era martedì sera. Un operaio del cantiere Tav di Chiomonte, esce dall’autostrada  con un mezzo pesante. Ai bordi della strada, appostato tra la vegetazione, un commando di “incappucciati” tende l’agguato. Il camion viene raggiunto da un fitto lancio  di pietre. L’operaio denuncia il fatto ai carabinieri. Le pietre hanno rotto il parabrezza e i finestrini laterali e colpito l’uomo alla testa e al petto.  L’operaio viene portato all’ospedale di Susa dove i medici  hanno curano alcuni tagli superficiali al volto, alla mano destra e una contusione all’emicostato sinistro. Non è grave e viene dimesso.  L’episodio dà la cifra di quanto sia alta la tensione nei dintorni del cantiere della Maddalena di Chiomonte.  Basta poi fare un giro sui siti No Tav. E qui le parole davvero sono pietre. Chi sono gli operai che lavorano al cantiere Tav. Per il blog firmato da “maverick” la risposta è semplice: “Sono la dimostrazione di quanto facilmente un uomo si possa vendere per trenta denari maledetti e subito a chi è responsabile primo della sua condizione di affamato. Come se poi fossero gli unici ad avere fame e a patire la crisi economica. La loro scelta egoista individuale li mette fuori dalla loro comunità e li condanna meritatamente a una difficile convivenza sul territorio. Quel loro essere “operai” non pulisce le coscienze. Rimangono solo Crumiri”.

Bersaglio delle parole, bersaglio delle pietre. Comunque bersaglio. E anche la voglia di sfogarsi con i giornalisti è passata da tempo. Chi ci parla non vuole rimanere soltanto anonimo. Vorrebbe proprio evitare di parlare e chiede al giornalista: “Lasciateci tranquilli. Non abbiamo voglia di accendere fuochi. Anche perché non siamo noi a decidere se la Torino-Lione si fa o no. Noi vogliamo solo lavorare”. All’altro capo del telefono c’è un imprenditore-lavoratore. Ferma il suo camion un momento e risponde alla chiamata, ma lo fa controvoglia: “Potremmo pure andarcene via. Tanto poi, con la fame di lavoro che c’è saremmo subito rimpiazzati. E state certi che non arriverebbero chissà da dove, ma da questa valle”. Una valle che, proprio in questo periodo, sta facendo i conti con la possibile chiusura dell’ultima industria pesante rimasta sul territorio, la Beltrame, che potrebbe lasciare a casa più di trecento lavoratori. E che potrebbe essere salvata, guarda un po’, proprio dai fondi delle compensazioni per la costruzione della Tav. Contraddizioni? Forse. Fatto sta che per chi lavora a Chiomonte anche recarsi nel cantiere è un’impresa quotidiana: “Non possiamo passare dalle strade ordinarie. Perché veniamo fermati e insultati dai soliti “picchetti” No Tav. A volte vola anche qualche oggetto, qualche pietra. E perdiamo tempo. Così allunghiamo il percorso, risaliamo la valle sull’autostrada. Fino a Oulx. Poi scendiamo. Appena sopra il cantiere hanno fatto uno svincolo di servizio per il cantiere. Usciamo lì e siamo arrivati”.  E delle parole lanciate dai blog contro i lavoratori che dice? “ Che non hanno alcun senso. Adesso in cantiere ci sono circa 100 operai. E io mi guardo intorno, vedo Susa e gli altri paesi della valle. Vedo negozi che continuano a chiudere per la crisi. Lavoratori lasciati a casa. Qui c’è un po’ di lavoro. Perché dovremmo rinunciarci? Ce lo diano i No Tav un altro lavoro se sono capaci”.

Un clima difficile quello della valle di Susa. A rimarcarlo è Antonio Ferrentino, sindaco di S.Antonino e consigliere provinciale del Pd: “I lavoratori di un’impresa edile – dice – vanno a lavorare dove capita e vanno rispettati a prescindere, cosi come i lavoratori delle forze dell’ordine. Il confronto sull’opera Torino-Lione può essere anche aspro nei toni ma nulla e niente giustifica la violenza contro i lavoratori. Tutto il mondo politico-sindacale-istituzionale dovrebbe condannare queste azioni e isolare i delinquenti”

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