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Stop al Tav: quanto ci costerebbe? Che cosa succederà se l’Italia, con il nuovo quadro politico emerso dalle ultime elezioni, dovesse abbandonare la realizzazione della Torino-Lione. Un conto salato, secondo Virano. Mentre per i No Tav sarebbe una vittoria

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Mario Virano: “1 miliardo e 600 milioni per un… amante a 5 Stelle”

Mario Virano

“Le ragioni per la realizzazione della Torino-Lione sono sufficientemente forti da non aver bisogno di prendere in considerazione l’ipotesi di cercare una… via d’uscita”. Così Mario Virano, qualche giorno dopo il responso delle urne e il massiccio voto (valsusino) al Movimento 5 Stelle di Grillo che, dalle prime dichiarazioni, sembra deciso a presentare una legge per fermare la Torino-Lione. Ipotesi che però, al momento attuale, non è ancora all’ordine del giorno. E comunque, afferma Virano, “per capire che la Torino-Lione serve, basta guardarci intorno. E scoprire che l’unico tunnel alpino ferroviario che non è a livello di pianura è quello del Frejus”. Insomma, senza il megatunnel da Susa a St.Jean de Maurienne, “rischiamo di rimanere indietro e di avere l’unico traforo internazionale ferroviario ad alta quota”.
Rimane il fatto che, con questo quadro parlamentare, fermare la Torino-Lione sembra qualcosa più di un’ipotesi. “Non ne sarei così convinto – risponde Virano – anche perchè il movimento di Grillo, in campagna elettorale, ha posto argomenti piuttosto variegati: dall’uscita dall’euro, ai termovalorizzatori, ai comuni sotto i 5 mila abitanti e poi, sì, c’è anche lo stop alla  Torino-Lione che però, nel pacchetto delle cose esplicitamente dette dopo il voto fino ad oggi non è apparso”. Insomma, per Virano, “il fatto che l’uscita dalla Torino-Lione faccia parte delle rivendicazioni è certo. Ma di qui a stabilire che possa far parte di una vera e propria trattativa politica per dar vita a un Governo ce ne corre un bel po’…”
E comunque, ribadisce il presidente dell’Osservatorio, “non corrisponde al vero che l’abbandono della Torino-Lione sarebbe indolore e senza costo alcuno. In questi giorni ho visto molti esercitarsi in alchimie ecomiche e giuridiche”.
Quanto ci costerebbe stoppare la nuova linea ferroviaria? “Per saperlo basta ricorrere all’elementare buon senso. Partendo da una considerazione semplicissima. Che Italia e Francia, d’accordo con l’Europa, hanno definito, attraverso accordi internazionali, la realizzazione del tunnel di base. E poi hanno costituito una società apposita che ha svolto lavori di natura tecnico progettuale, come i sondaggi, le discenderie ormai terminate in Francia e quella avviata in Italia. Di tutti questi investimenti l’Europa ci ha messo il 50 per cento e la Francia il 25, in totale il 75 per cento. Dovesse toccare a me, troverei davvero complicato spiegare agli amici francesi che, da un giorno all’altro, abbandoniamo tutto questo come se nulla fosse. E che loro, dopo aver scavato le discenderie (che dovranno essere le uscite di sicurezza del tunnel principale) se le devono tenere senza altra possibile destinazione d’uso, stando pure zitti e tranquilli”.
Ma c’è chi sostiene che gli accordi internazionali non prevedono alcuna penale. “E’ una storia simile a quella di una coppia di sposi, in cui uno dei due, a un certo punto decide di lasciare il coniuge per un amante a… cinque stelle. Un matrimonio è fatto di sentimenti ma anche di scelte, di spese fatte insieme, di investimenti. Quando ci si sposa non si stabilisce quanto e chi pagherà nel momento in cui ci si lascia, sarebbe assurdo. Però sappiamo che gli aspetti materiali, quando una coppia divorzia (a parte gli aspetti … sentimentali)  sono in qualche modo… regolati. E qui è la stessa cosa”. E allora, dice Virano, “non è fuori dalla realtà immaginare di dover rendere, in caso di uscita dalla Torino-Lione, una cifra intorno a 1 miliardo e 600 milioni di euro. Una cosa assurda. Perchè quei soldi ci verrebbero chiesi in un periodo relativamente breve.  Questo mentre, investendo quanto a noi richiesto per fare l’opera, e cioè 2 miliardi e 800 mila euro in 10 anni, riusciremmo a generare 1000-2000 posti di lavoro”.
E poi, per uscire “indenni” dalla Torino-Lione occorrerebbe dimostrare che ci sono delle “cause di forza maggiore che impediscono di procedere con l’opera”. Cause di forza maggiore, cioè cause geologiche, non un terremoto ma quasi. “Qui invece la rottura sarebbe unilaterale, e avrebbe il suo prezzo. E’ bene che i cittadini, passata l’euforia elettorale e post elettorale, lo sappiano”.

Mario Cavargna: “Tesi priva di fondamento e non prevista dai Trattati”

Mario Cavargna

 Penali per uscire dalla Torino-Lione. Per Pro Natura e per il suo presidente piemontese, il bussolenese Mario Cavargna, la tesi non sta in piedi. “L’architetto Virano, commissario del Governo per la Torino-Lione - scrive Cavargna in una nota –  messo in difficoltà dall’esito delle elezioni, ha creduto opportuno dire che, nel caso di rinuncia a costruire la linea, l’Italia dovrebbe pagare una penale di un miliardo e seicento milioni di euro”.
Ma secondo Pro Natura “la tesi è priva di fondamento: l’articolo 3.4.1. del contratto di finanziamento stipulato tra l’Unione Europea, ed i governi Italiano e Francese il 5 dicembre 2008 dice che: “Il beneficiario del contributo può sospendere i lavori se vi sono circostanze eccezionali che li rendono impossibili od eccessivamente difficoltosi, in modo particolare in caso di forza maggiore”.
E poi, si legge, “se i lavori non riprendono entro due anni, dalla data originariamente prevista, l’Unione Europea cancellerà il contributo. La restituzione dell’aiuto europeo erogato dal contratto, è ammessa come possibilità, ma è estremamente difficile che l’Unione Europea voglia gravare su Italia e Francia che hanno già un saldo negativo nei suoi confronti e, comunque, l’Unione Europea si è sempre dimostrata estremamente benevola nelle clausole del contratto”. In ogni caso - aggiunge Cavargna – anche se manca un aggiornamento da parte della Direzione Generale TEN-T dell’Unione Europea, che si attende per i prossimi giorni, la cifra in questione sarebbe meno di 100 milioni in totale per i due paesi. I contributi precedenti al 2007 sono stati dati come stanziamenti e sono ben oltre i quattro anni in cui potrebbero esserci ripensamenti. Niente da pagare, invece per la liquidazione di LTF che era in calendario già per il 31 gennaio 2010, e per la cui chiusura il piano finanziario non prevede spese specifiche”.
Ed ecco il capitolo dei rapporti con la Francia: “Il costo sostenuto sino ad oggi per la Torino-Lione è poco più di 800 milioni, così ripartiti: poco più del 30% ciascuno, rispettivamente per Italia e Francia, e circa il 40% a carico della Unione Europea. Di questi: il 55% sono i costi delle tre discenderie fatte in Francia; il 3% sono spese per i sondaggi ed il cantiere della Maddalena fatti in Italia; il 40% sono i costi di progettazione in Italia e Francia e la direzione dei lavori in Francia. Come si vede, le spese per lavori fatti in Francia, e pagati in parti uguali dai due paesi, al netto del contributo europeo, sono state quasi 20 volte maggiori di quelle fatte in Italia, anche grazie ad aumenti di costi pesantissimi e probabilmente discutibili”.Cavargna aggiunge che “in caso di chiusura sarebbe certamente difficile chiedere alla Francia un riequilibrio per quanto è stato speso, perché la gestione comune della CIG (Commissione Inter Governativa) permette molta elasticità, ma i 112 milioni stanziati originariamente per la discenderia di Venaus ed incamerati da LTF per finire quella di Modane, andrebbero quasi tutti restituiti all’Italia”.
Anche l’affermazione del commissario del Governo, Virano, che “sarebbe un peccato rinunciare ad un’opera che per il 65% è pagata da altri”, secondo Cavargna “merita di essere riportata alla realtà. La percentuale di contributo europeo che Virano continua ad immaginare del 40% è ancora del tutto ipotetica, ricordando che l’Unione Europea dispone, per i lavori veri e propri, dei finanziamenti molto più bassi rispetto a quelli fissati per “studi e progetti”. Poi Virano divide la parte restante (nella sua ipotesi) tra Italia e Francia secondo le percentuali stabilite del 58%  all’Italia e 42% alla Francia: con questo calcolo si arriva al 35% detto. Ma Virano dimentica di dire che dei circa 60 Km di galleria e parte comune, l’Italia ne ha nel suo territorio solo il 20%. Quindi l’Italia pagherebbe il 35%, e anche per i quattro quinti dei costi dell’opera che è sul territorio francese: non è certo un buon affare… Ed è un caso più unico che raro!” Ed ecco la conclusione di Cavargna: “Non rimane che augurarci che il prossimo Parlamento voti quella proposta di Legge che comporta la responsabilità civile dei funzionari e delle autorità politiche che, per i settori di loro competenza, danno cifre manifestamente non corrette, espresse in modo da ingenerare inganno nel pubblico e produrre con questo la deviazione dell’utilizzo delle risorse dello Stato”.

 

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