Saitta: “Piccoli Comuni protagonisti della nuova Città Metropolitana”
Palazzo Cisterna, sede della Provincia di Torino |
L’onda dell’antipolitica si infrange, da qualche tempo, contro le Province. Che, a distanza di qualche anno dalla stessa sorte toccata alle Comunità Montane, sono diventate (a torto o a ragione) l’emblema di tutti i mali, di tutti gli sprechi, di ciò che va tagliato per risanare i conti di questa azienda un po’ scassata chiamata Italia.
“Aboliamo le Province”: è l’urlo di battaglia lanciato da qualche tempo. Un’idea sensata? Proviamo a parlarne con Antonio Saitta, una persona che è certamente di parte (è presidente della Provincia di Torino ed è esponente di punta del Partito Democratico). Ma che, nel dibattito e nelle scelte che si stanno facendo sul tema Province, ha parecchia voce in capitolo.
Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino |
Partiamo dall’inizio dunque. E’ dicembre 2011. L’Italia è sull’orlo del baratro o, per meglio dire, del “default”. Berlusconi se ne va, obtorto collo, e arriva Monti alla guida del Governo. Ed ecco il decreto “Salva Italia” con cui il Governo avvia il processo per decapitare le Province cancellandone ogni funzione amministrativa e trasformandole in puri e semplici enti di coordinamento.
“Da quei giorni mi son dedicato a questo tema”, dice Saitta, “e non certo per difendere chissà quali interessi di casta. Piuttosto per raccogliere la sfida e concentrare l’attenzione su una reale semplificazione della Pubblica Amministrazione”.
In effetti, e Saitta lo riconosce senza problemi, il proliferare delle Province negli anni non è stato certo un esempio di buona politica. “Per istituire una nuova Provincia infatti – spiega – era sufficiente una legge nazionale ordinaria. Però va detto che, proprio in Piemonte, a promuovere le nuove Province del VCO e di Biella non fu solo la classe politica ma le forze del mondo economico e produttivo. Le stesse che, oggi, ne invocano a gran voce la soppressione”.
Insomma, tu chiamale se vuoi… contraddizioni. Ma andiamo oltre. Per scoprire che, secondo il Saitta pensiero, il punto non è tanto far fuori presidenti, assessori e consiglieri. “Il costo delle Province, prima ancora che da queste figure, è provocato dalla galassia di enti e organismi piccoli e grandi che ogni Provincia traina dietro di sé, dalle varie dependence ministeriali distribuite sul territorio”. Qualche esempio? La Prefettura, la Questura, il Provveditorato agli Studi e tante altre realtà con apparati assai onerosi per lo Stato. Un vero e proprio indotto che, riducendo il numero delle Province (senza eliminarle del tutto), dimagrirebbe in misura considerevole, per la gioia dei conti pubblici e delle tasche dei cittadini.
Ed ecco la proposta, di cui Antonio Saitta è artefice e che, d’accordo con i suoi colleghi piemontesi e non solo, ha concordato in prima persona con il premier Mario Monti. “Il Piemonte riduce a quattro le sue Province. Ma nel frattempo andiamo ad analizzare, uno dopo l’altro, se tutti gli uffici periferici dello Stato hanno ancora ragione d’esistere. E poi vediamo, una per una le competenze. Che cosa deve fare la Regione, che cosa la Provincia e che cosa i Comuni”.
L’ok del Governo a questa idea, dice Saitta, “era già arrivato tra gennaio e febbraio”. E dopo? “Le cose sono maturate. Ed è arrivata l’altra novità, quella che va sotto il nome di Spending Review che specifica i nuovi parametri per tenere in piedi una Provincia: popolazione di 350 mila abitanti, superficie di 2500 km quadrati. E le proposte del territorio vanno fatte a un apposito organismo, chiamato Comitato delle Autonomie Locali.
Così, mentre si pesano e si decidono i destini delle province piemontesi ecco spuntare l’altra novità, per Torino e… provincia è in arrivo la cosiddetta “Città Metropolitana”. Che, precisa Saitta, “non è la vecchia suggestione contro cui mi sono sempre schierato, che vedeva l’unificazione tra Torino e i suoi satelliti (come Collegno, Grugliasco, Rivoli ecc.)”.
E che cos’è allora? E’, di fatto, il nuovo vestito dell’attuale Provincia. “La nuova Città Metropolitana coinciderà con l’attuale territorio della Provincia di Torino”.
E però la Provincia di Torino, trasformandosi, non cambierà solo il nome e il look. Ma anche la pelle e le competenze che Saitta elenca: “Sviluppo economico; mobilità e trasporto locale; organizzazione dei servizi di area vasta, compresa la determinazione di tariffe come acqua e rifiuti. Un ente forte, un vero e proprio centro decisionale e un regolatore su materie importanti come tariffe e sistema degli appalti”.
Ma cosa vuol dire tutto questo, che a comandare continuerà ad essere l’azionista di maggioranza, cioè la città di Torino? “No – risponde Saitta – questa è una visione fuorviante. E il passaggio dall’attuale Provincia all’area metropolitana non avverrà, come invece inizialmente era previsto, attraverso una procedura in mano al sindaco del capoluogo. Bisognerà decidere il nuovo Statuto, i criteri della governance, le competenze. E tutto questo avverrà con un processo che coinvolgerà tutti i 315 Comuni, attraverso l’assemblea dei sindaci”. E, tanto per capirci, il nuovo Statuto per essere approvato dovrà ottenere il placet dei due terzi dei sindaci. Ci sarà quindi una grande partecipazione di tutti i Comuni, dal più piccolo al più grande”.
Unico neo da risolvere: da chi e come verranno eletti consiglio e presidente.
Spiega Saitta: “La normativa attuale, recentemente modificata, parla di dodici consiglieri e di un Presidente senza Giunta. Tutti eletti con procedura di secondo grado, cioè dai Comuni. Uno schema – commenta il Presidente – che poteva andare bene se la Provincia veniva degradata a ente di coordinamento senza funzioni amministrativi, come nella prima ipotesi del Governo. Credo che, viste le competenze, per rafforzare la capacità e la forza decisionale della Città Metropolitana, presidente e consiglio dovranno venire eletti direttamente dai cittadini. E che dodici consiglieri non siano sufficienti a rappresentare i territori della Provincia”.
Comunque sia, la novità c’è. Ed ha, come orizzonte, il 2014, anno di scadenza del mandato dell’attuale Provincia. La Costituente è aperta.Bruno Andolfatto