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Don Pent, Fortunato di nome…. e di fatto

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Don Fortunato Pent

Don Fortunato Pent se ne è andato il 31 ottobre. Storico sacerdote santantoninese lascia un ricordo indelebile in molte persone che l’hanno conosciuto, stimato e amato. Ecco, di seguito, come Anna Olivero su La Valsusa ha tratteggiato la sua figura.

Don Pent diceva di sé di essere Fortunato di nome e di fatto. Ma più fortunati erano quelli che lo conoscevano. Don Pent aveva 89 anni ma era il più giovane di tutti. Don Pent affermava di essere stato ordinato un giorno e disordinato tutta la vita. Don Pent ha rivendicato con orgoglio, fino all’ultimo, i suoi diritti di patentato: chissà cos’avrebbero da dire la Twingo blu e la 600 bianca, parcheggiata ora nel cortile del seminario. Ogni bollo, però, racconta di un incontro, di una strada fatta per arrivare dove c’era bisogno, dove c’era qualcuno che aspettava quel sacerdote canuto con la talare di ordinanza. Don Pent c’era. Ai campi estivi, in prima fila sui pullman dei pellegrinaggi, la sera quando ci dimenticavamo di dirgli che avevamo il consiglio ed eravamo chiusi fuori in piazza Savoia. E se per caso non poteva esserci, ma solo perché magari aveva dato la disponibilità altrove, ti chiamava per sapere com’erano andate le cose. Don Pent veniva alle riunioni anche se per sentire doveva regolare l’apparecchio acustico che emetteva imbarazzanti ultrasuoni. Don Pent quando andava in giro si ricordava sempre di mandare una cartolina. Don Pent aveva un database mentale aggiornatissimo da cui reperiva citazioni, testi, massime, insegnamenti. 
La camera di don Pent non è disordinata: ad ogni pezzo ha dato una disposizione creativa. Don Pent telefonava alle 7 del mattino per fare gli auguri di buon onomastico, indipendentemente da quale giorno della settimana fosse. E a volte era domenica o un giorno festivo. Don Pent aveva una bella calligrafia, d’epoca. Spesso giocava con le parole traendone versi poetici o calembour. Don Pent aveva la “s” più sibilante mai sentita e quando parlava dal pulpito nel microfono, i suoi fischi, a volte, sì, facevano sorridere. “Ma sarà mica per via dei denti…sssss”, diceva canzonandosi. Don Pent raccontava le barzellette e spesso ne era lui il protagonista: in tal caso erano definite “pentolate”. Ma poi aggiungeva: “Chi sa ridere di se stesso non smetterà mai di divertirsi”. E quando aveva conquistato tutti, gli si illuminavano gli occhi e diceva: “Bene, cantiamo una lode alla Madonna”. Così intonava Santa Maria del Cammino suggerendo le parole come se fosse un karaoke. Quando nella strofa si diceva “offri per primo la mano/ a chi è vicino a te”, lui si muoveva tra le persone e porgeva la sua. In quei momenti potevi leggere nei suoi occhi la passione per Dio. Don Pent forse non vorrebbe che si facessero tutte queste parole in sua memoria. Semmai chiederebbe di intercedere per lui affinchè possa presto arrivare in Paradiso. Ma non si può pensare ad altro se non che sia già lì, tra le braccia di Maria a dirci: “Ciao carissimi”. Con la sua “s” fischiata che è rimasta nelle nostre orecchie e non andrà mai più via. 

Anna Olivero

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