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Effetto Covid: fuga in montagna dalla città. I casi di San Giorio e Mattie

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In tempo di guerra i torinesi “fuggivano” dalla città e riparavano nei borghi delle valli per trovare riparo dai bombardamenti o proprio perché le bombe avevano distrutto la loro casa ed erano alla ricerca di un tetto.

Nei tempi del Covid-19, dopo mesi di confinamento – spesso vissuto con sofferenza quasi claustrofobica – non pochi cittadini, appena autorizzato il (quasi) “liberi tutti” si sono messi a cercare casa in valle di Susa (e non solo). Motivi: il desiderio di spazi aperti, a contatto con la natura; il timore che un altro “lockdown” ci costringa a rimanere reclusi tra le nostre quattro mura. E un conto è se queste si trovino all’interno di uno spazio chiuso in pochi (o tanti) metri quadri al quinto piano di un palazzo in città, un altro conto è se le quattro mura siano una casetta (piccola o grande che sia) di montagna, con un giardino, a pochi metri da un sentiero che porta nei boschi e dove si possa respirare aria pulita.

La fuga dalla città è in atto e se ne sono accorte le agenzie immobiliari che da mesi ricevono richieste da persone in fuga dalla città.


GLI OPERATORI: “CI CHIEDONO VECCHI IMMOBILI DA RISTRUTTURARE”

La conferma, via telefono, arriva dalla FC Immobiliare, con sedi a Sant’Antonino, Bussoleno, Rivoli. E’ Denise, un’impiegata a rispondere: “Confermiamo. Ci arrivano di continuo richieste da persone che vogliono trasferirsi dalla città in valle. C’è paura di un altro lockdown. Meglio quindi investire in una casa con giardino in mezzo ai molti piuttosto che in un Suv destinato a rimanere chiuso in garage. La ricerca è indirizzata su caseggiati da ristrutturare che fino a qualche tempo fa non erano neache presi in considerazione”.

Effetto lockdown quindi ma anche effetto smart working, altrimenti detto ‘lavoro agile’. Già, perché aziende e lavoratori hanno scoperto che, laddove è possibile, svolgere la propria attività ‘da remoto’, con un computer e un telefono può essere meglio vivibile per il dipendente e, in parecchi casi, più produttivo per l’azienda.

SAN GIORIO, RECORD DI VECCHIE CASE (CHE SEMBRAVANO FUORI MERCATO) VENDUTE

La fuga dalla città ha connotati ben precisi. All’ombra del Castello di San Giorio , per esempio, appena cessato il confinamento di massa è partita la caccia alla casa.

Lo racconta il vicesindaco, Luca Giai: “In paese abbiamo visto vendere con una facilità mai vista prima case che, in periodi ‘normali’, sarebbero rimaste invendute per chissà quanto tempo”. E chi le ha comprate? “Torinesi che cercavano una valvola di sfogo, che hanno patito il confinamento dei mesi precedenti e che temono che una crescita dei contagi provochi un nuovo lockdown.” E poi, aggiunge Giai, “In paese i servizi non mancano: nel raggio di pochi metri, sulla piazza centrale, ci sono due alimentari, un bar edicola, l’erboristeria, l’ufficio postale, la farmacia”. Quanto basta non solo per ‘sopravvivere’ ma per vivere bene.

Lo storico sindaco del paese Danilo Bar conferma: “La rete commerciale del paese, per fortuna, ha tenuto negli anni, le chiusure dei negozi sono state limitate e questo si sta rivelando una risorsa preziosa” . Anche i trasporti interni sono ok e se qualcuno vuole andare a vivere in una delle frazioni ancora abitate della montagna sangioriese “trova un pullman che va su e giù una volta all’ora. E anche la rete viabile, l’acqua, la fognatura e il gas servono l’intero territorio”.

Insomma, se non siamo in Svizzera, poco ci manca.

Due i punti dolenti. Il primo si chiama ‘Poste’. “Nei piccoli comuni dall’inizio del lockdown, gli uffici postali aprono a giorni alterni. Ed è ancora così”.

Danilo Bar con i colleghi di Chianocco Mauro Russo e di Chiusa S.Michele Fabrizio Borgesa ha provato a dare battaglia ma finora tutto è rimasto immutato “nonostante le continue rassicurazioni dei piani alti dell’azienda, le Poste continuano con la riduzione degli orari e del personale. E dire – chiosa Bar – che le Poste hanno depositi di denaro consistenti. Basta pensare a quanti pensionati accreditano la pensione sui conti corrente postale. Alla grande quota di denaro che Poste incamera non corrisponde una pari attenzione nei confronti del territorio e delle persone che lo abitano’.

Non va meglio con le banche. E qui verrebbe da dire ‘San Paolo docet’, visto che non c’è stato alcun arretramento sulla decisione, presa a febbraio (e poi momentaneamente sospesa per il Covid) dall’Istituto di Credito di chiudere lo sportello di Condove. La chiusura è fissata per il 18 settembre. Stessa sorte (e stessa data) riguarderà dello sportello di Villar Dora.

L’altro punto dolente è il web. “Sulla fibra ottica le cose non sono molto chiare. Abbiamo visto il nuovo appalto che, paradossalmente, riguarda le frazioni e non il centro paese. A precisa domanda ci è stato risposto che il concentrico risulta servito. A noi questo proprio non risulta”.

Insomma difficile attirare nuovi residenti se il digital divide continua ad essere un problema per le zone montane.


MATTIE DOPO IL LOCKDOWN HA RADDOPPIATO LA POPOLAZIONE

Prendiamo le strade di montagna e saliamo a Mattie; un giro serale per le strade e salta all’occhio un alto numero di auto parcheggiate. La sindaca Marina Pittau conferma: “Nei giorni successivi la fine del lockdown mi sono accorta che le nuove presenze sono una realtà. Bastava girare un po’ in paese per scoprire persone nuove, mai viste prima”.

Da lì a … dare i numeri è un momento. Eccoli. “Mattie conta, nei periodi normali, circa 670 residenti. Dopo il ‘confinamento’ da inizio giugno, in paese vivono stabilmente circa 1200 persone”.

Popolazione raddoppiata quindi. “Ho scoperto che alcuni risiedono in città o nella cintura ma sono proprietari di case a Mattie; altri hanno preso una casa qui in affitto”.

L’età di queste persone?

Qui lo stupore aumenta: “Non si tratta di anziani. L’età di questi nuovi mattiesi è compresa tra i 20 e i 50 anni. In alcuni casi si tratta di nipoti i cui nonni avevano messo su casa a Mattie negli anni ’70 per poi andarsene in città”. E non mancano le giovani coppie di Torino e dintorni che si trasferiscono a Mattie e chiedono la residenza: “Da marzo ne sono arrivate sei”, informa Pittau.

Non mancano i lavoratori in smart working che hanno scelto Mattie per lavorare in santa pace: “ La copertura internet non è male ma potrebbe essere migliore – spiega il sindaco – e la fibra è arrivata fino alla località quattro strade” ma non è andata più in là. Insomma, il digital divide non è proprio superato.

Che cosa offre Mattie ai nuovi residenti? “I negozi ci sono: due alimentari a cui si aggiungono tre ristoranti, due bar, una struttura ricettiva. Non siamo tanto malmessi anche se negli anni alcune attività sono sparite (un tempo c’erano anche una macelleria, una gastronomia e una merceria) e non mancherebbero gli spazi per ospitare qualche attività artigianale”.

La sfida per i piccoli e grandi comuni valsusini è tutta qui. Cogliere l’attimo, trasformare la disgrazia (e che disgrazia!) del Covid in opportunità per “ricostruire” una valle accogliente. Una bella scommessa.

Bruno Andolfatto

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