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I lavoratori dell’Alcar a Susa in vescovado da mons. Nosiglia

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SUSA , martedì 3 novembre, ore 10. In vescovado scocca l’ora dei lavoratori Alcar, l’azienda di Vaie al centro dell’ennesimo terremoto produttivo e occupazionale dell’area torinese e valsusina. Ad accogliere i delegati, accompagnati dal segretario Fim Cisl Rocco Cutrì è l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia in persona.

Un’ora buona di fitto colloquio. Alla fine i volti dei rappresentanti dei lavoratori sono più sereni e fiduciosi di qualche settimana fa. E c’è soddisfazione per le parole scambiate con mons. Nosiglia che, dice Rocco Cutrì, “da anni ci segue in tutte le vertenze del territorio. E’ importante, perché in questi momenti abbiamo bisogno che le istituzioni siano come noi per fare in modo che la vicenda Alcar venga risolta nel più breve tempo possibile”.

Ma il sollievo è dato anche dal fatto che, dopo lo stop di qualche settimana fa, ora “l’attività è ripresa. Questo consente di tenere i rapporti con i clienti ed è la condizione per consentire un nuovo futuro all’azienda. Perchè questo avvenga deve manifestarsi un imprenditore pronto a rilevare l’azienda”.

Un’azienda, l’Alcar, che, prima dell’emergenza Covid “occupava tutta la forza lavoro” tanto che “noi crediamo che ancora oggi ci siano le condizioni per riprendere a pieno regime”.

Già, perchè, aggiunte Cutrì, “qui non c’è un problema di carenza di commesse, di mancanza di lavoro. Serve una corretta gestione industriale che rimetta l’azienda in sesto e dia un futuro sereno ai 150 lavoratori di Vaie e ai circa 300 di Lecce”.

Dopo lo spiacevole episodio del furto della scorsa settimana le cose si sono sistemate?

“Il furto ha messo in difficoltà l’azienda perché ha danneggiato il reparto della verniciatura. Le maestranze si sono da subito messe all’opera e un impianto minore di verniciatura è stato ripristinato e si sta riuscendo ad assolvere le commesse e a consegnare nei tempi previsti. Per sistemare le cose sono arrivati anche manutentori da Lecce . Ma la cosa importante è che il lavoro sta andando avanti e l’azienda sta consegnando i particolari ai clienti”.

Adesso qual è la road map per salvare l’azienda?

“Una decina di giorni fa, subito dopo l’incontro tra le prefetture e il tribunale di Lecce, è arrivata la notizia che ci sono trattative in corso attraverso i commissari giudiziali. Speriamo che questo si trasformi nel più breve tempo possibile in una manifestazione di interesse ed eventualmente in una proposta di acquisto. Ci sono tutte le condizioni per poter arrivare a questo passo, perché l’azienda ha in mano le commesse e può continuare a lavorare senza alcuna sospensione dell’attività lavorativa. Abbiamo bisogno esca allo scoperto un imprenditore credibile e con un piano”.

Dal punto di vista degli ammortizzatori sociali come sono messi i lavoratori?

“La cassa Covid è utilizzata. D’altronde è facile fare due conti: su meno di 150 addetti, solo 45 sono al lavoro, il restante è stabilmente in cassa integrazione, purtroppo senza anticipo aziendale. Una cosa spiacevole perché ovviamente dilata i tempi per poter avere il pagamento di quanto spetta ai lavoratori. Nel momento in cui dovesse arrivare un nuovo imprenditore questi avrà la possibilità di utilizzare gli ammortizzatori sociali per riorganizzare l’attività produttiva”.

Vista la situazione, oggi di fatto i vostri interlocutori sono i prefetti.

E’ inevitabile, viste le vicende giudiziarie. La procedura dal punto di vista del tribunale a Lecce. Per noi sarebbe difficile per noi avere un’interlocuzione diretta e per cui il ruolo dei prefetti è di primaria importanza. Il prefetto di Torino tiene i rapporti con noi, con il tribunale e ovviamente con il Ministero”.

Il clima in fabbrica e tra i lavoratori com’è ?

“Lo abbiamo ribadito anche all’arcivescovo. Siamo in un contesto molto particolare; in passato i lavoratori non hanno esitato a gravarsi di un prestito per aiutare la precedente proprietà e proseguire l’attività lavorativa. Questi lavoratori sono delusi dal sistema e dalla gestione degli ultimi anni che ha visto susseguirsi degli imprenditori che all’improvviso hanno buttato la spugna, chi per un motivo chi per un altro. C’è stato un passaggio di proprietà da un giorno all’altro e il sentimento di delusione è grande ma siamo di fronte a lavoratori che ad oggi non hanno buttato la spugna. Tutti insieme stiamo facendo dei passi: ci sono state assemblee accese ma quello è il luogo in cui bisogna chiarirsi e dirsi le cose così come stanno. Il nostro ruolo, come sindacato, è quello di dare risposte . Lo abbiamo fatto e ci siamo capiti. Direi che il clima è relativamente sereno, anche se la situazione è di estrema preoccupazione. Ricordiamo che qui si parla di 150 famiglie a Vaie e altre 3o0 a Lecce”.

Bruno Andolfatto (ha collaborato Andrea Diatribe)

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