Quelle notti a Torino con i nostri fratelli di strada
Le emozioni e i pensieri dei giovani scout impegnati a soccorrere i senza tetto in cttà. “Le istituzioni sembrano solo preoccupate di sgomberare e in giro c’è troppa indifferenza”
SANT’ANTONINO Hanno trascorso qualche sabato sera “alternativo” in città, a Torino, nei salotti buoni della città dove, ai margini, sui marciapiedi, ci sono gli “ultimi”, i senzatetto; quelli che per Papa Francesco sono gli “scarti della società” e che i giovani e i volontari che, ogni sabato sera, accompagnano don Antonello Taccori in un’opera di assistenza e sostegno, definiscono i “nostri fratelli di strada”. Un’esperienza profonda, di quelle che segnano e che ha convinto i ragazzi e le ragazze del Clan del gruppo Scout Sant’Antonino 1° a donare ai lettori de La Valsusa le loro emozioni e le loro riflessioni. Lo hanno fatto con una serie di videointerviste, realizzate dai loro capi, Pier Lorenzo e Denise.
DESCRIVI L’ESPERIENZA VISSUTA
Martina: “Gioia, stupore ma anche un misto di tristezza per quello che ho visto”.
Ilaria: “Imbarazzo, tristezza ma anche gioia nell’aiutare gli altri” Matilde : “Ammirazione, compassione, gioia”.
Giorgia: “Empatia, cuore pieno, rabbia”.
Francesca: “Aiuto reciproco, generosità, solidarietà”.
Alice : “Empatia, comunità, compassione”
Jacopo: “Umiltà, gioia che riempie il cuore”
PENSI CHE LA SOCIETÀ SI PRENDA CURA DI QUESTE PERSONE?
Martina: “No, o meglio: la maggior parte delle persone le ignora o le disprezza perché vedono la diversità e si fermano lì. Ma non vale per tutti: ci sono organizzazioni che se ne occupano e anche noi, nel nostro piccolo, siamo riusciti a portare un aiuto”.
Ilaria: “Ciascuno di noi può fare qualcosa per aiutare queste persone che spesso vengono trascurate e messe in disparte”.
Matilde: “No, però le piccole comunità pian piano stanno cercando di fare qualcosa ma gli aiuti dovrebbero arrivare dall’alto, dalle istituzioni”.
Giorgia: “Penso di no, che non si faccia abbastanza. E lo dimostrano i recenti avvenimenti a Torino, con gli sgomberi dei senzatetto dalle vie del centro. Però mi pare che una spinta dal basso, per fare qualcosa di positivo, ci sia”.
Francesca: “No, anche dipende dalle persone. Quando siamo andati a Torino, a cercare e ad aiutare i senzatetto abbiamo visto che ci sono altre associazioni che li aiutano e li sostengono. Certo, si potrebbe fare di più…” Alice: “No, anche perché una delle prime risposte che arriva dalle istituzioni e proprio quella di sgomberare le vie del centro, via Roma e dintorni. Poi quando giri in città, noti che molta gente quando vede queste persone si gira dall’altra parte. E pensare che a volte basterebbe anche solo uno sguardo, un sorriso per farle sentire meno disprezzate”.
Jacopo: “No, ma ci sono anche moltissime persone che si danno da fare per aiutare i senzatetto”.
CHE COSA DIRESTI AD ALTRE PERSONE PER CONVINCERLE A FARE QUESTA ESPERIENZA?
Martina: “Forse le parole non bastano per descrivere questa esperienza e per convincere qualcun altro a farla ma credo che farei notare la gioia che, dopo averla fatta, rimane nel cuore”.
Ilaria: “Direi che questa esperienza lascia sensazioni ed emozioni che le cose banali di ogni giorno non possono lasciare”.
Matilde: “Direi che è una esperienza che, oltre a far del bene agli altri, ci fa crescere”.
Giorgia: “E’ un’esperienza che imprime un segno profondo in noi per il bene che si fa agli altri e per quello che dà a ciascuno di noi”.
Francesca: “Direi di andare direttamente, sul posto, per vedere come vivono queste persone e capire che il loro è un mondo completamente diverso dal nostro. Dovremmo tutti aiutarli” Alice: “E’ un’esperienza che a noi non costa nulla, se non un po’ di tempo, ma che ci fa guadagnare tanto, che ci dà l’opportunità di vedere persone con stili di vita molto diversi dal nostro; gente che non si butta giù nonostante le difficoltà. Alla fine del servizio si torna a casa con tante emozioni”.
Jacopo: “Sì, è vero. Torni a casa emozionato per aver dato un sorriso a chi è molto triste”.
Bruno Andolfatto