Tra le valli di Susa e Sangone e la Croazia il corridoio umanitario è aperto
Sono tornati venerdì sera 26 febbraio i volontari valsusini e valsangonesi guidati da padre Natanaele Krajinovic e don Antonello Taccori nelle terre della Croazia martoriata dal terremoto di fine dicembre 2020. “ Un viaggio lungo sì, ma ma non impossibile visto che sono poco più di 1000 km. Quasi 13 ore all’andata con il camion costretto a rispettare rigidi limiti di velocità; qualche ora in meno al ritorno”.
“Alla fine è stata una via Crucis, proprio all’inizio della Quaresima” dice padre Natanaele. Sembra una battuta ma non lo è: “ Il nostro – aggiunge don Antonello – è stato un viaggio pensato per portare aiuto alle persone colpite dal terremoto e per condividere questa croce con loro”.
E adesso? “Siamo tornati dalla quella terra con tanti volti, tanti sguardi e tanti cuori che parlano di vita, di una storia toccata dalla sofferenza ma che esprime tanta voglia di ricominciare. La nostra presenza, accompagnata dalla preghiera e dalla generosità dei valsusini e dei valsangonesi è stata sicuramente consolante e piena di speranza”.
Missione compiuta verrebbe da dire. I 22 bancali di aiuti con generi alimentari e prodotti per l’igiene delle persone e della casa sono stati consegnati. Ed è il momento giusto per ringraziare, dicono ancora padre Natanaele e don Antonello “tutti i compagni di viaggio, la Caritas diocesana di Susa, i volontari, gli Alpini di Giaveno, la Croce Rossa di Bussoleno, il Comune di Villarfocchiardo, gli animatori dell’oratorio di Villar Focchiardo, i due Clan degli scout del Sant’Ambrogio e del Sant’Antonino e tutte le persone che hanno contribuito a questa spedizione umanitaria”.
“Siamo stati accolti con tanta gratitudine – racconta la giavenese Alessandra Mancin – ma negli occhi di queste persone ho visto anche molta tristezza e mi è bastato guardarmi intorno per capire il motivo. I segni e le distruzioni del sisma sono visibili. La realtà è molto peggio di quanto ci hanno raccontato in queste settimane i mass media”.
E’ Giandonato Salvia a dire che “il terremoto ha colpito una terra e un popolo che stava finalmente rinascendo dopo gli anni terribili della guerra; un ricordo tutt’altro che cancellato,visibile in alcune case semidistrutte che portano ancora i segni visibili dei proiettili sui muri. Il sisma è stato una botta terribile che ha provato fisicamente e psicologicamente una popolazione che non ha ancora cancellato i traumi della guerra”. Gente che, racconta padre Natanaele, “in pochi istanti, all’improvviso, si è vista portare via casa e, a volte, i propri affetti”.
La zona colpita è quella intorno alla città di Petrinja, 45 km a sud di Zagabria verso la frontiera con la Bosnia.
“La gente qui, però non è rassegnata– dice don Antonello -, si fa coraggio, reagisce anche se dimostra grande tranquillità. Non si sente sola, abbandonata”. In effetti gli aiuti arrivano di continuo, dall’Italia, dall’Austria e da altri paesi.
Una storia rende l’idea di come stia la popolazione sta vivendo questo momento. La narra don Antonello:
“Mi hanno raccontato di un poliziotto la cui casa è stata distrutta dal sisma. Tra le lacrime è andato dal suo parroco e gli ha chiesto di benedire quelle pareti crollate, dentro le quali lui e la famiglia non sarebbero più potuti entrare. Sofferenza e pianto, quindi, ma anche tanta dignità e speranza”.
E adesso che succederà? Proseguirà questa iniziativa solidale con la Croazia?
“Certo che sì – assicura don Antonello – l’intenzione è proprio quella di non chiudere e di tenere aperto questo corridoio umanitario. Modi e iniziative non le abbiamo ancora pensate, visto che siamo appena rientrati e subito ci siamo ‘immersi’ nel nostro quotidiano. Il tempo di elaborare l’esperienza di questo primo viaggio e ritorneremo con nuove iniziative”.
La prima in realtà c’è già. Ed è l’appuntamento che padre Natanaele dà per la festa di San Giuseppe, 19 marzo, al Santuario del Selvaggio.
“Con i giovani abbiamo pensato di mettere in piedi una serata di testimonianza per raccontare questa realtà e questo viaggio. Un’altra idea, ancor più concreta, è quella di adottare una famiglia croata a rimettere in piedi la sua nuova casa. Raccoglieremo fondi e, per chi vorrà, ci sarà anche la possibilità di andare a lavorare lì per dare un aiuto concreto a costruirla”.
Bruno Andolfatto
I danni a una chiesa
Copyright (c)2021 La Valsusa, Edition 4/3/2021Powered by TECNAVIA