La finale mondiale vista dal divano
Il calcio si segue con il cuore prima che con la testa. E il mio cuore nelle finali mondiali in cui è comparsa l’Argentina ha tifato Olanda, Germania, poi di nuovo Olanda e oggi (anzi ieri) Francia.
Non ce l’ho con gli argentini che, anzi, mi stanno simpatici. Ma quando hanno il pallone tra i piedi o sono sugli spalti proprio non li sopporto, a differenza degli altrettanto passionali ma più creativi, fantasiosi e allegri brasiliani.
Nessun conflitto etnico. E poi come avercela con l’Argentina che tra l’altro ci ha donato quel grande piemontese di Buenos Aires di nome Jorge Bergoglio che abita a Santa Marta a Roma al quale ho avuto anche modo di stringere la mano due volte?
E comunque si sa, il calcio è un’altra religione e lui, Bergoglio, ‘comanda’ a pieno titolo la religione nella quale rappresenta nientemeno che il … Principale.
Negli stadi, tempi di Eupalla però è tutta un’altra storia…. qui la bluceleste mi è sempre un po’ stata sui maroni e confesso pubblicamente questo mio peccato.
Come quando fu strumento propagandistico di un tal Videla (quello che faceva cascare dagli aerei gli oppositori) esattamente come lo fu la nostra italietta del ’34 e del ’38 di un altrettanto oscuro figuro, il tal Mussolini Benito; quello che forse fece anche cose buone (ma quali?) insieme a innumerevoli nefandezze.
E poi come quando San Diego in Messico truffò alla grande e prese per il didietro il mondo intero segnando un gol di mano che oggi un qualunque VAR annullerebbe seduta stante con tanto di cartellino giallo nei confronti dell’autore della blucelestiale patacca.
Confesso di aver provato brividi di goduria al gol di Bettega con il quale nel lontano ’78 in Argentina fummo gli unici a sconfiggere i padroni di casa e poi quando, nell’82 in Spagna, Gentile prese di mira le caviglie divine di San Diego restituendo pan per focaccia ai fallosissimi e nervosissimi argentini erroneamente convinti (prima della partita) di imboccare una strada in discesa.
Confesso poi che nel ’90 (notti magiche italiane) dal divano fischiai sonoramente il Santo Beato Diego e incorniciai nella mente la vittoria di misura dei tedeschi in una noiosissima finale destinata a non passare alla storia del calcio.
E oggi, anzi ieri? Lode a tutti, calciatori argentini e francesi, per aver dato vita a una finale da antologia, degna di un’altra partita che mi è rimasta negli occhi (allora avevo 9 anni e mi venne permesso di assistere sul piccolo schermo in bianco e nero a una notte davvero magica): Italia-Germania 4-3, semifinale di Mexico ’70.
Ma, virtù calcistiche a parte, è il voto di condotta, la valutazione sui comportamenti dei pedatori blucelesti a destare in me più d’una perplessità.
Onore al merito e coppa meritata per carità. Ma lo dico: ancora una volta non ho notato comportamenti da gentiluomini da parte dei neo campeones del mundo.
Grandi calciatori ma uomini piccolini, capaci di dileggiare gli olandesi dopo averli sconfitti e, durante la partita, dopo aver scagliato palloni contro la panchina avversaria. E che dire del portierone argentino che, ieri, nel bel mezzo della lotteria dei rigori, allontana la palla per innervosire il rigorista avversario e che qualche minuto dopo, a risultato acquisito, durante la premiazione si guadagna un altro centimetro (in meno) di dignità umana esprimendosi in un gestaccio da villano che fa immaginare dove sia collocata la sede dei suoi pensieri? A chi lo diamo il premio del Far Play, ai blucelesti o a quel tale Louis Enriquez (ct spagnolo) che, sconfitto sul campo, si avvicina all’allenatore marocchino augurandogli: ‘Buena Suerte’?
Insomma, calciatori argentini promossi a pieni voti nelle virtù pallonare ma bocciati quando si passa dal pallone a tutto quel che dovrebbe farli apparire come modelli per i giovanotti e le giovanotte che si preparano ad affrontare le sfide vere della vita.
Per questo oggi auguro Buona Festa alla bluceleste ma con l’auspicio che, da domani, possa incontrare di nuovo un’Arabia Saudita (o un Marocco o una Corea) qualsiasi, possibilmente in un match decisivo, che aiuti i suoi calciatori a tornare sul pianeta terra.
Con tanti saluti anche ad Adani per nostra fortuna arginato (almeno un po’) ieri da mamma Rai.
Bruno Andolfatto