1972: La Provincia di Torino acquista la Novalesa
E’ passato mezzo secolo dalla metà del mese di dicembre 1972 quando il settimanale La Valsusa titolava in prima pagina: “Salvata l’Abbazia della Novalesa”.
Sono 50 gli anni trascorso dall’acquisizione del millenario complesso da parte dell’allora Provincia di Torino, oggi Città metropolitana. Una data storica (la delibera venne approvata dal Consiglio Provinciale il 12 dicembre 1972) celebrata lunedì 30 gennaio nella chiesa abbaziale alla presenza dell’arcivescovo Roberto Repole,
L’ abbazia venne acquistata per la cifra di 50 milioni di lire; una decisione che salvò il monastero da destinazioni che ne avrebbero alterato la bellezza e il valore storico, culturale, religioso. L’abbazia venne poi affidata ai monaci; una piccola comunità benedettina proveniente da S. Giorgio di Venezia vi si reinsediò nel luglio 1973. Da allora nel monastero è tornata a rifiorire la vita di un tempo: le campane scandiscono di nuovo le ore di preghiera, di lavoro, di lectio divina.
Il rapporto prima della Provincia e oggi della Città metropolitana con l’ordine religioso ha consentito di valorizzare l’importanza storica ed artistica del monumento e di diffondere la conoscenza dell’antichissima tradizione spirituale, culturale e sociale dell’Abbazia benedettina: la convenzione siglata nel giugno 2006 affida l’Abbazia per altri 29 anni alla Congregazione Benedettina Sublacense.
LA SEDUTA E LA DELIBERA DEL 1972
Fu una seduta storica quella del consiglio provinciale del 12 dicembre 1972. ‘Storica ‘ perché la Provincia di Torino, la Valle di Susa, il Piemonte, l’Italia, l’Europa recupera e restituisce al territorio un tassello importante dell’arte, della storia, della spiritualità: l’Abbazia della Novalesa.
A relazionare ai consiglieri provinciali è un valsusino, l’assessore alla montagna Oreste Giuglar. “L’abbazia benedettina, la più antica del Piemonte– esordisce è una fra le più antiche d’Italia, a più riprese nei secoli distrutta e ricostruita fino alla definitiva struttura che risale all’inizio del millennio, e che conobbe un periodo di grande splendore attraverso tutto il Medio Evo, appartiene dal 1884 al Convitto Nazionale Umberto I”.
“Nel corso di innumerevoli vicissitudini il notevole patrimonio artistico e librario ivi raccolto ha subìto una quasi totale dispersione e quanto rimasto un notevole depauperamento. Le strutture murarie, soprattutto in questo ultimo secolo, hanno subito, per i vari adattamenti a Stabilimento Termale prima e a sede estiva del Convitto poi, un non indifferente deturpamento sino al quasi totale abbandono quando il Convitto non ebbe più a gestire la sua sede estiva.”
Giuglard richiamava alcuni interventi effettuati sul sito nei due anni precedenti, come “un pur superficiale riordino dei locali e del parco”, che sono stati “resi presentabili al pubblico ed usufruibili per alcuni convegni scientifici”.
L’Assessore non mancò di segnalare che “la Sovrintendenza segue con particolare attenzione la vita di questa Abbazia, tanto che per parte sua aveva già provveduto in passato al restauro completo murario di una delle cappelle”. Un atto con cui, dice Giuglard, l’ente sottolinea l’orientamento “a un futuro graduale restauro indispensabile a richiamare l’Abbazia al suo severo e semplice splendore; intenzione confermata dall’aver sottoposto a vincolo artistico e paesaggistico il complesso monumentale e l’intera zona circostante”.
Di qui la proposta, accettata dal Consiglio Provinciale, di acquisire al patrimonio dell’ente l’Abbazia della Novalesa al prezzo di 50 milioni di lire.
UNA STORIA MILLENARIA
La storia dell’abbazia inizia nel 726, anno di fondazione da parte del patrizio franco Abbone che lo dedicò ai Santi Pietro e Andrea . Trovandosi sull’importante via di transito del Moncenisio, la comunità godeva di numerosi privilegi accordati dai sovrani Pipino il Breve e Carlo Magno come la libera elezione dell’abate e il pieno possesso dei beni di fronte ad ogni autorità laica ed ecclesiastica. Il monastero estendeva i suoi domini nel Basso Piemonte, fino all’entroterra ligure di Ponente. Negli anni successivi al Mille, fu molto attivo lo scriptorium, la cui esistenza è documentata da numerosi codici conservati in diverse biblioteche d’Europa (un esempio é il ‘Chronicon Novalicense’, composto verso il 1060 da un monaco anonimo).
Saccheggiato dai Saraceni nel corso del X secolo, il monastero venne ricostruito nella prima metà dell’XI secolo su iniziativa di Gezone, abate di Breme. Con i villaggi della Val Cenischia (Ferrera, Venaus e Novalesa) l’abbazia costituì per alcuni secoli una circoscrizione ecclesiastica autonoma. Nel 1646 ai benedettini si sostituirono i Cistercensi, che rimasero a Novalesa fino al 1798, quando furono espulsi dal Governo provvisorio piemontese. Il monastero fu successivamente affidato ai monaci trappisti. Fu requisito dallo Stato nel 1855, quando Siccardi abolì tutti i monasteri del Regno sabaudo. I monaci vennero espulsi e gli edifici messi all’asta diventarono un albergo per cure idroterapiche per poi diventare residenza estiva del Convitto Nazionale Umberto I. Nel dicembre 1972 il complesso , fatiscente, venne acquistato dalla Provincia di Torino.
AI PIEDI DEL MONCENISIO E DEL ROCCIAMELONE
Posta al centro della Valle Cenischia, l’Abbazia figurava tra le più importanti d’Europa nell’XI secolo, quando furono realizzati gli affreschi della cappella di Sant’Eldrado, che ancora oggi stupiscono e affascinano per la luminosità e la conservazione cromatica. Nella chiesa, costruita nel XVIII secolo sulle fondamenta di un preesistente edificio di culto di epoca tardo-romana, sono visibili gli affreschi risalenti a più di mille anni fa, come la lapidazione di S.Stefano.
Il monastero conserva ancora quella che doveva essere la planimetria originaria: un chiostro centrale, fiancheggiato sul lato nord dalla chiesa e sugli altri lati dagli ambienti necessari al funzionamento della comunità.
Nei pressi del monastero, quattro cappelle sono dedicate a Santa Maria, al Santissimo Salvatore, a San Michele, a Sant’Eldrado e San Nicola.
Bruno Andolfatto